"Non sono rimasto sorpreso, anzi. Prima o poi io mi aspettavo che una notizia del genere uscisse fuori". A parlare con Gente d’Italia è Paolo Moalli, chef varesino che nel 2017 ha lavorato all’interno della pizzeria Eatalian Style sulla quale oggi sono puntati gli occhi della polizia uruguaiana che ha aperto un nuovo filone sull’indagine nata dopo la clamorosa fuga di Rocco Morabito dal carcere "Central" di Montevideo. Situata nell’elegante quartiere di Punta Carretas, è in questa pizzeria che il boss della ‘ndrangheta si è recato subito dopo la fuga nella notte del 23 giugno insieme agli altri complici per poi sparire ancora una volta.
Secondo la ricostruzione dell’inchiesta diretta dal pubblico ministero Ricardo Lackener, quella del ristorante italiano era solo un’attività di facciata che nascondeva ben altri interessi e serviva per riciclaggio di denaro sporco. Troppo esigua la clientela per giustificare le alte spese sostenute. Tra i proprietari del locale c’è un cittadino russo che è stato arrestato nei giorni scorsi per aver aiutato Morabito nella sua evasione come testimoniano le immagini raccolte dalle videocamere. "Anche se non ho mai visto niente in particolare, si capiva che c’era qualcosa di strano in quella pizzeria. Era fin troppo evidente" ripete con una certa convinzione Paolo Moalli arrivato in Uruguay grazie a un annuncio di lavoro letto su internet con la speranza di poter fare una buona esperienza professionale. Siamo alla fine del 2017 e, dopo una parentesi estiva a La Barra, Eatalian Style si avvia ad aprire un nuovo locale a Montevideo.
Moalli inizia a darsi da fare ma capisce subito dopo di essere solo: "Facevo tutto io semplicemente perché loro non erano capaci. Non sapevano come iniziare, come muoversi, cosa fare. Sembravano buttare i soldi, non mostravano alcun tipo di interesse sul locale. Una roba incredibile". Al centro del suo racconto ci sono i soldi fin dai primi momenti. Tanti soldi, tante domande: "Per i primi quattro giorni di lavoro mi diedero 400 dollari. Pensavo che sarebbe stato un anticipo e me li avrebbero scalati dallo stipendio mensile e invece niente. La paga era altissima se comparata allo stipendio medio di un cuoco in Uruguay, me ne accorsi lavorando in altri posti nei mesi successivi". Tanta la gente che passava dall’Eatalian Style in quel periodo: "Venivano sempre due giovani dell’Ambasciata russa. Poi anche Alfredo Etchegaray, un noto imprenditore e pubblicista uruguaiano, che dava una mano a mettere in piedi il locale".
"Molto strano" è anche il forno a legna della pizzeria, il suo vero punto forte come notato dai poliziotti nel blitz dello scorso 11 luglio. Quello della Grimaldi "è il migliore forno al mondo e viene fatto a Napoli. Credo che costi all’incirca 30mila dollari. Sono stato io il primo a utilizzarlo" ricorda in uno dei pochi momenti piacevoli. Usa un tono molto diverso, invece, quando parla del proprietario della pizzeria, un russo chiamato Sergey: "Era lui quello che comandava perché l’altro socio (l’italo-brasiliano Nicola Gravano) non contava nulla. Bastava guardarlo in faccia per capire che personaggio era. Tutti i giorni andava in giro con una mazzetta di soldi. Personalmente mi ha sempre trattato bene, mi portava nei migliori ristoranti dell’Uruguay, non ho avuto mai problemi. Vivendo a stretto contatto con una persona si capisce però quando sotto c’è qualcosa di strano".
Ancora in attesa dell’apertura al pubblico, e solo due mesi dopo il suo arrivo, Paolo Moalli decide di lasciare la pizzeria Eatalian Style: "Vivevamo momenti di tensione perché io avevo avvisato più volte che così non si poteva più andare avanti. Era un casino, non potevo lavorare. Avevo capito una cosa, ai proprietari non interessava nulla di quella attività e ne ignoravo le motivazioni. Così un giorno, senza dire nulla, ho deciso di andare via. È stata la scelta migliore che potessi fare. E oggi vedendo quello che è successo ne sono ancora più certo".
Matteo Forciniti