Il dna non è l'unica fonte di trasmissione di informazioni dai genitori ai figli. Soprattutto per quel che concerne i tratti caratteriali, un ruolo importante lo gioca la cosiddetta 'cultura genetica', vale a dire tutto quel patrimonio di nozioni, di abitudini, ma anche di studi e competenze, dei genitori.
Lo sostengono deCode, il gruppo di ricercatori che sta studiando il patrimonio genetico degli islandesi, e un team di lavoro dell'università di Oxford. Secondo gli studiosi, guidati da Augustine Kong e Kari Stefansson, la ‘cultura genetica’, in cui i geni non sono trasmessi direttamente dai genitori ai figli, è in grado di influenzare le caratteristiche di un bambino.
Età del primo figlio, livelli di obesità e colesterolo, persino propensione al fumo o ad altri vizi, oltre al livello di istruzione raggiunto, sarebbero dunque determinati - secondo i ricercatori anglo-islandesi - dalla 'cultura genetica' e non da un mero passaggio di genomi come si era ritenuto fino ad oggi. Questo perché per una parte significativa della propria vita, l'infanzia, l'individuo dipende quasi esclusivamente dalla mamma e dal papà e la cultura in questa fase gioca un ruolo preponderante.