Non esistono ancora spiegazioni ufficiali sul fallimento della Dante Alighieri di Montevideo. Una cronaca di una morte annunciata ma piena di misteri, quella di una gloriosa istituzione fondata nel 1898 e andata in rovina negli ultimi anni.
Come è stato possibile tutto ciò? Chi sono i responsabili di questo disastro? Sono ancora troppi i punti da chiarire che meritano risposte.
II problema è molto serio e tira in ballo l'’intero panorama delle istituzioni italiane in Uruguay. Prima delle vacanze estive, il Comites aveva cercato di occuparsi del tema senza successo.
Per mancanza di quorum, infatti, la seduta programmata lo scorso 9 dicembre è stata rinviata. In quell’occasione era programmato l’intervento del dirigente scolastico dell’Ambasciata Antonella Agostinis per fornire la tanto attesa versione ufficiale.
“Due consiglieri dell’interno avevano confermato via mail la loro presenza ma poi nello stesso giorno hanno avvisato della loro impossibilità a viaggiare. Abbiamo avuto una breve conversazione con le autorità ma non sappiamo più di quanto già si conosce” ha spiegato il presidente Alessandro Maggi.
La prossima seduta - la prima del nuovo anno - è prevista intorno alla metà di febbraio ma fino al momento non c’è stata ancora alcuna comunicazione.
Come anticipato da Maggi, il Comites tornerà sull’argomento con una novità: oltre al dirigente scolastico, sarà chiamato a testimoniare anche Piero Maria Ortolani, il rappresentante legale dell’ente, per “conoscere la sua versione dei fatti”.
La frattura tra la Dante e il Comites non è nuova ma ci si è arrivati progressivamente.
In passato, l’organo che rappresenta la collettività italiana aveva mostrato il suo disappunto in diverse occasioni.
Negli scorsi anni per ben due volte aveva votato parere positivo alle richiesta di finanziamento dell’ente esigendo però un rendiconto dettagliato sulle attività e le spese effettuate alla luce dei fondi ricevuti.
Fino ad oggi niente di tutto questo è avvenuto.
Sono diversi gli interrogativi a cui non è stata data risposta iniziando proprio dal tema più scottante che riguarda i finanziamenti.
Gli unici documenti ufficiali disponibili oggi raccontano che per le attività del 2016 sono stati ricevuti 35 mila euro mentre per quelle del 2017 manca ancora l’ufficialità. 143.346 euro è stata la richiesta di finanziamento della Dante al Governo italiano per lo scorso anno in cui non c’è stata praticamente nessuna attività.
Secondo fonti ufficiose non confermate, l’importo ricevuto sarebbe stato uguale a quello dell’anno precedente, ossia 35 mila euro. Perlomeno, dunque, la Dante avrebbe ricevuto in totale 70 mila euro negli ultimi tre anni: ma che fine hanno fatto questi soldi?
Come sono stati spesi?
Altra questione molto spinosa è quella relativa alla sede, un appartamento molto grande situato al quarto piano del Palacio Lapido, un elegante edificio nel centro di Montevideo.
Numerose testimonianze raccontano che sia stata venduta nel 2016 per saldare i debiti accumulati.
Quanto è stato pagato l'immobile e a chi è stato venduto?
L’appartamento del Palacio Lapido (nella foto) era grandissimo e contava su una decina di stanze. Il tutto era stato recentemente ristrutturato con l’avvento dell’ultima direttrice Claudia Morettini.
In base ai prezzi del mercato immobiliare di Montevideo, per una proprietà del genere servirebbe una cifra che oscilla intorno ai 500 mila dollari: ma chi ha intascato i soldi per la vendita della sede della Dante?
Come è potuta andare in bancarotta una società dopo aver accumulato tutte queste entrate? Gli interrogativi però non finiscono qui. Cosa hanno fatto coloro che sono incaricati del controllo? Cosa ha fatto la sede centrale della Dante di Roma sul caso Montevideo? Era al corrente che da oltre un anno la situazione qui era a dir poco imbarazzante?
“Il Comitato di Montevideo è attualmente in fase di riorganizzazione”: questa la versione ufficiale della Dante Alighieri. E ancora: i controllori hanno effettivamente vigilato o hanno fatto finta di non vedere? Imparzialità o convivenza?
Dopo un anno di silenzi la verità è ancora troppo lontana.
(di Matteo Forciniti)