Nella chiesa Nuestra Señora de Lourdes di Montevideo si é celebrata una messa speciale in occasione del Giorno del ricordo, l'evento che commemora la tragedia degli italiani vittime delle foibe ed esiliati negli anni del secondo dopoguerra nei territori dell'ex Jugoslavia. L’iniziativa è stata organizzata dal Circolo Giuliano dell’Uruguay che tra le altre cose si occupa di mantenere viva la memoria di quei drammatici avvenimenti.
“Ci uniamo spiritualmente nella celebrazione di questo Giorno del ricordo” ha esordito don Antonio Bonzani nella sua omelia. “Siamo vicini alle comunità giuliano-dalmate e fiumane nel ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo di tante famiglie che furono costrette ad abbandonare le loro terre solo per essere italiani. Questa è stata una
delle pagine più dolorose della nostra storia”.
L’appello di don Antonio ai fedeli riuniti è stato rivolto inoltre alla critica contro “qualsiasi sentimento di marginalità, esclusione o xenofobia nel rispetto della convivenza e della fraternità”. Durante la cerimonia è intervenuto il primo segretario dell’Ambasciata, Alessandro Costa che ha sottolineato i caratteri di una “tragedia causata da una specifica volontà di epurazione su base etnica e nazionalistica”.
“Le foibe” - ha affermato dall’altare - “sono state un atto di crudeltà e violenza ingiustificata e ingiustificabile, ancora poco conosciute e comprese nonostante lo sforzo compiuto dagli storici per fare luce su questo periodo storico che ha causato grande sofferenza alle comunità giuliane, fiumane, dalmate e istriane”.
Come noto l’origine delle foibe è da ricercarsi “all’interno di un nazionalismo esasperato
e dall’ideologia totalitaria che ha sconvolto l’Europa per molti anni e che ha provocato danni fino ad un periodo recente della nostra storia”. Proprio per questo motivo, contestualizzando il caso del passato all’attualità “l’Unione Europea è ancora più importante, un progetto nato per costruire uno spazio di pace e democrazia al posto dei
nazionalismi e soprattutto per evitare che una tragedia come quella delle foibe e dell’esodo si possa ripetere”.
Costa ha poi concluso il suo intervento citato le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella pronunciate in questo giorno: “Le stragi, le violenze, le sofferenze patite dagli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati non possono essere dimenticate, sminuite o rimosse. Esse fanno parte, a pieno titolo, della storia nazionale e ne rappresentano un capitolo incancellabile, che ci ammonisce sui gravissimi rischi del nazionalismo estremo, dell’odio etnico, della violenza ideologica eretta a sistema”.
Per Mariana Gianasso si è trattato del primo 10 febbraio da presidente del Circolo Giuliano con l’auspicio che “si possa trasmettere la memoria alle nuove generazioni
affinché conoscano queste vicende”. La Gianasso ha poi letto un messaggio inviato da Dario Locchi presidente dell’Associazione Giuliani nel mondo. Nel messaggio sono state riportate le parole di Annamaria Marincovich, presidente del gruppo esuli ed emigrati giuliano-dalmati di Buenos Aires.
“La lapide sepolcrale copre questa foiba, dalla quale tutti coloro che sono sotto attendono di essere liberati, restituiti alle loro famiglie. Mi sembra di vedere migliaia di braccia che cercano di muovere questa immensa pietra, mentre le mani, oramai solo ossa, graffiano le pareti umide cercando un’uscita. Tutti sappiamo che è impossibile, che è solo il desiderio del nostro amore per loro e questo ci fa sognare ad occhi aperti. C’inginocchiamo e la fredda pietra ci trasmette il freddo che i nostri sentirono quando furono scaraventati nelle viscere di quegli abissi, quando ancora molti erano vivi, e senza distinzione di genere, né età. Preghiamo, parliamo con i nostri cari, pure ci illudiamo ed attendiamo una risposta. Sentiamo solo il mormorare di coloro che pregano e il sibilare del vento implacabile fra
le rocce, che ha il coraggio di spegnere candele e lumini. Potrà pure spazzare, con le sue raffiche prepotenti, i fiori deposti, però né lui, né nessuno, potrà spazzare il ricordo, l’amore che abbiamo per gli esseri che, nelle profondità, attendono che un miracolo li riporti a riposare in un posto degno. La cerimonia è finita, le nostre ultime parole, un bacio
alla lapide sperando immaginariamente che lo trasmetta ai nostri cari. Ce ne andiamo a malincuore, ogni tanto ci giriamo, quasi sperando che tutto sia stato un brutto sogno, e che colei o colui che non c’è più stia camminando al nostro fianco. Che dolorosa illusione! Ancora un cenno d’addio, un arrivederci. Riposa In Pace”.
Matteo Forciniti