Restano ancora tanti gli interrogativi sulle ultime elezioni italiane in Uruguay. Dubbi e sospetti che ricadono sull’organizzazione della tornata elettorale che è stata - a detta di tutti - un clamoroso flop.
Per un paese dalla grande tradizione democratica e di partecipazione, questa volta solo un misero 23% ha chiuso le elezioni del 2018 con un crollo di quasi la metà rispetto al 2013.
Come è stato possibile questo fallimento? Ci sono state responsabilità al riguardo? All’appello mancano circa 60mila plichi che dall’Ambasciata giurano di aver inviato agli elettori: dove sono andati a finire quei 60mila plichi?
I rappresentanti della collettività avevano già lanciato l’allarme durante il periodo elettorale e adesso chiedono ulteriori spiegazioni all’Ambasciata: tanto il Comites (Comitato degli Italiani all’Estero) come il rappresentante uruguaiano del Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) chiedono ulteriori chiarimenti.
Una delle fasi più critiche denunciate è stata quella relativa alla distribuzione dei plichi ai cittadini, un incarico che è stato affidato al Correo, ossia le Poste uruguaiane. Le informazioni ufficiali trasmesse all’Ambasciata raccontano di una realtà che ha funzionato alla perfezione. A sentire i tanti elettori intervistati, la realtà sembra essere molto diversa rispetto a quella raccontata.
Sono tantissimi infatti i casi di persone che affermano di non aver ricevuto il plico a casa e per questo avrebbero perso l’opportunità di esprimere il loro voto democraticamente. Altri, invece, raccontano di buste arrivate all’ultimo momento con un clamoroso ritardo.
Ascoltando i presidenti delle associazioni della collettività italiana la musica è sempre la stessa: molti soci non hanno ricevuto le tanto acclamate buste. Riassumendo, i problemi sono stati riscontrati in tutto il territorio nazionale tanto a Montevideo come nel resto del paese.
All’interno il tradizionale clima di abbandono questa volta sembra essere stato ancora più profondo. “Io e la mia famiglia non abbiamo ricevuto le buste e per questo non abbiamo potuto votare. Siamo 6 persone in totale”. Laura Vanoli, discendente lombarda e professoressa di italiano, parla a nome di tutta la famiglia Vanoli a cui è stato negato il diritto di voto.
Oltre a lei nell’elenco ci sono anche: Carlos, Alejandro, Antonella e Mario. “Questa è stata la prima volta che è accaduta una cosa del genere e non abbiamo votato. Le altre volte arrivava sempre tutto puntualmente. Io non so che cosa sia successo ma se fossero vero le notizie dei brogli e qualcuno abbia rubato le nostre buste sarei arrabbiatissima. Una cosa del genere sarebbe uno scandalo per l’Italia”.
Racconta un’esperienza simile Laura Baldo, ex presidente dei Jóvenes Italianos del Uruguay: “Ho scritto una mail all’indirizzo che indicava l’Ambasciata e dopo diversi giorni ho avuto una risposta deplorevole. L’indirizzo di mio padre è lo stesso da quarant’anni e questa è stata la seconda volta che le buste non sono arrivate. Sono successe cose davvero strane, non si capisce perché le buste ad alcuni arrivano e ad altri no. Protestare come ho fatto io non serve praticamente a niente dato che poi non risolvono la situazione”.
Scoraggiata e rassegnata, Laura Baldo fa parte di una nuova generazione di italouruguaiani che ha perso l’entusiasmo per il Bel Paese dopo le tante esperienze negative vissute a cui si aggiungono anche queste elezioni del 2018. “Mio padre è italiano ma è talmente deluso che non vuole più neanche reclamare. Si è completamente arreso. Quello che è successo in Uruguay è stato vergognoso”.
All’interno del gruppo Facebook Jóvenes Italianos del Uruguay sono decine le testimonianze di persone indignate per l’organizzazione delle elezioni. Tra queste c’è Patricia Hehus: “Nella mia famiglia siamo cinque cittadini italiani. Non abbiamo votato perché a casa non è arrivato niente, non sapevamo nulla delle elezioni e di quando fosse la data di scadenza. Nel 2013 arrivò tutto in tempo e votammo, il domicilio è rimasto sempre lo stesso. Se i nostri plichi sono stati rubati questa è una vergogna. Qui in Uruguay abbiamo già tanti problemi dovuti alla chiusura del consolato e alle difficoltà per rinnovare il passaporto. Ci mancava pure questo. Ormai è chiaro, non abbiamo alcun appoggio da parte delle istituzioni”.
Usa parole simili anche Mariana Gerali che dà voce anche agli altri integranti della famiglia, il padre Gustavo e la sorella Florencia: “Questa volta non abbiamo votato a differenza del 2013. Credo che dal 2015 non stiamo ricevendo più niente. Il domicilio di casa di mio padre è sempre lo stesso e in passato, anche se qualcosa arrivava con un indirizzo sbagliato, i vicini ce la consegnavano. Questa volta non è successo niente e abbiamo anche chiesto in zona. Sinceramente non ho sospetti concreti riguardo i possibili brogli ma quello che posso dire è che l’Ambasciata e il Consolato italiano hanno una grande disorganizzazione e un forte disinteresse per una comunità italiana così grande come la nostra. Lo dimostrano l’attenzione al pubblico e le difficoltà inerenti ai passaporti”.
“Il sospetto è che le buste siano state rubate”. Va subito al punto scottante Diego Rotondaro delineando l’ipotesi peggiore tra tutte quelle possibili: “Questa volta, a differenza del passato, io e la mia famiglia non abbiamo votato. L’indirizzo è sempre lo stesso, non è mai cambiato. Tutta questa storia è stata molto strana”. Oltre a Diego in questa famiglia ci sono anche: Roberto, Lucy e Analía Rotondaro, oltre a Lucy Clevelen Apollonio e Bruno Resmini.
Per Francisco Mazzitelli questo sarebbe dovuto essere il primo voto da quando nel 2016 ottenne la cittadinanza italiana: “Non ho votato perché non è arrivato niente. Eppure l’indirizzo è sempre lo stesso. “Se un candidato ha rubato il mio voto è un atto criminale e per questo dovrebbe essere arrestato”. Quello di José Grezzi è un caso molto simile: “Nel 2013 io ero minore di età ma ricordo comunque che le buste erano arrivate. Questa volta a tre dei quattro integranti della famiglia non è arrivato niente e non abbiamo votato”.
Uscendo dal gruppo di Facebook e spostandoci nei gruppi tradizionali della collettività italiana lo scenario è identico. Sono tantissimi i casi di presidenti di associazioni che raccontano di problemi vissuti da parte dei soci. Nell’interno questi problemi sono ancora più forti. Julio Monti, presidente della Società Italiana di Florida, è imbufalito. Nella città dei miracoli di San Cono, le elezioni italiane sono state una sciagura: “Qui non è arrivato niente a nessuno. Solo una famiglia ha ricevuto le buste ma in modo incompleto e a metà. Quello che è successo è una vergogna ed è dovuto alla pessima organizzazione dell’Ambasciata italiana, un’istituzione completamente chiusa per noi cittadini”.
Monti racconta che a Florida la gente era interessata a partecipare e, in genere, quando ci sono questi appuntamenti “ci si riunisce e si discute per capire qualcosa in più per poter esprimere un voto con maggiori informazioni”. Così fu nel 2013, questa volta invece niente. Il presidente della Società di Florida anticipa poi a Gente d’Italia la volontà di inviare una lettera ufficiale di protesta all’Ambasciata per quanto accaduto.
Mette l’accento sul problema dell’informazione Maria Teresa Galvalisi della Società Italiana di Salto: “Nella maggior parte dei casi i plichi sono arrivati correttamente ma in ogni caso il problema è stata la totale assenza di informazioni al riguardo che nell’interno si sente ancora di più”.
A Paysandú Flavio Fuccaro parla di “situazioni di ritardo” e -cosa ancor più grave- di “plichi arrivati a persone decedute”. Responsabile del Centro Culturale Italiano della città, Fuccaro segnala la necessità per i cittadini di “informarsi in prima persona su un tema così importante vista la mancanza di informazioni ufficiali”. Mario Battistoni, ex presidente della Società Italiana di Colonia, segnala “situazioni puntuali negative” come ritardi e buste incomplete. Ma l’aspetto che considera più grave è la “mancanza di informazioni, sia quelle ufficiali che quelle dei candidati”.
Maldonado, Cardona, Young. Atlantida e Las Piedras. La maggior parte delle associazioni italiane dell’interno consultate affermano che i “soci hanno avuto problemi nella recezione dei plichi”. Pur non entrando nei dettagli, le risposte sono pressoché identiche da parte di: Carlos Calace (Circolo Italiano di Maldonado), Marta Peyronel (Associazione Italiana di Cardona), Yolanda Montesanto (Associazione Lucana di Young), Mario Darino (Circolo Italiano della Costa de Oro), Rolando Rossi (consigliere del Comites).
Quest’ultimo entra nel dettaglio sul caso di Las Piedras, solo a una trentina di chilometri da Montevideo: “Alla maggior parte delle persone non sono arrivati i plichi. In alcune famiglie non si capisce perché arrivava a metà, ad alcuni sì e ad altri no. Molte persone hanno denunciato la situazione. Io credo che tutto questo sia stato assurdo dato che si tratta di persone che vivono sempre nello stesso posto e non hanno mai cambiato residenza”. Il consigliere del gruppo di Renato Palermo parla apertamente di “casi strani e misteriosi” sui risultati finali. “La realtà è che l’Uruguay non ha votato perché non è stato possibile. La mancanza di interesse è una scusa”.
Dalle collettività dell’interno ci spostiamo nella capitale. Anche qui si registrano tantissime denunce che comprendono mancati invii e ritardi. “A me la busta è arrivata due giorni prima della scadenza. Mia sorella e mio nipote non l’hanno mai ricevuta”. A parlare è Elbia Panzardi, ex presidente dell’Associazione Lauria.
Un’esperienza analoga l’hanno vissuta anche Mariana Gianasso del Circolo Giuliano e Graciela Zanini, direttrice del Casiu e presidente dei lombardi. A quest’ultima il plico è arrivato a casa la sera del 28 febbraio a poche ore dalla scadenza prevista per il pomeriggio del primo marzo. È andata peggio ai tre figli di Sonia Pritsch, presidente della Federazione Lucana: Virginia, Lucia e Martin.
Nessuno dei tre ragazzi ha ricevuto i plichi. Tanti altri invece sono dovuti andare personalmente in Consolato per votare. È il caso di Pablo Castagna degli Emiliano Romagnoli. Anche se assicura di aver “aggiornato correttamente il nuovo indirizzo lo scorso anno”, il Correo Uruguayo aveva registrato il domicilio precedente. Stessa situazione capitata a Roberto Simonato, piemontese trasferitosi da pochi anni in Uruguay: “Sono andato a prendere il plico in Consolato e mi hanno detto che probabilmente dipendeva dalle Poste perché i miei dati erano corretti”. Se da Montevideo è relativamente facile raggiungere l’ufficio consolare cosa deve fare un italiano che vive nell’interno? Oltre alla distribuzione del Correo Uruguayo, un altro caso "molto particolare" di queste elezioni è quello relativo ad Abitab, l’azienda incaricata di raccogliere i plichi dagli elettori per poi consegnarli all’Ambasciata.
C’è un dato molto rilevante come è stato pubblicato da Gente d’Italia (e che sui vede nella foto ) nei giorni scorsi: in base a quanto stabilito da una circolare interna, Abitab ha l‘obbligo di ricevere i plichi dai cittadini fino al 31 marzo, ossia un mese dopo la data di scadenza. Forte è il rischio che una misura del genere abbia contribuito ulteriormente a generare un clima di disinformazione.
In base a quali motivazioni è stata scelta come data limite quella del 31 marzo? In queste ultime settimane Abitab ha ricevuto voti da parte di elettori ritardatari? Abbiamo provato a porre quest’ultima domanda al responsabile di Abitab Alejandro Peirano che ha risposto con un secco no comment e con molto fastidio: “Chiedetelo all’Ambasciata. Questa storia delle elezioni italiane ci ha già creato tanti problemi”.
Di Matteo Forciniti