E' la storia di Villanova: non c'è titolo senza il paisà. Una caratteristica che ha fatto diventare l'ateneo, il più italiano della NCAA maschile. Infatti nel 1985 quando "Nova" regalò una delle sorprese più clamorose nella storia della NCAA, battendo i superfavoriti di Georgetown, il coach era il leggendario Rollie Massimino,scomparso l'anno scorso a 82 anni, ma che prima di lasciarci ha avuto la possibilità di rivedere la sua università bissare
il suo titolo. Infatti si è dovuto attendere il 2016 per il secondo trionfo dei Wildcats, con Ryan Arcidiacono, Most Oustanding Player, l'MVP delle Final Four grande protagonista della partita decisiva, suo l'assist per Kris Jenkins, autore del canestro decisivo al suono della sirena. Ma lunedì scorso, quando l'università cattolica della Pennsylvania ha centrato il secondo successo in tre anni, terzo assoluto nella storia dell'ateneo, surclassando Michigan (79-62), lo ha fatto nel segno della guardia Donte Di Vincenzo l'ultimo, per ora, delle superstar italo-americane nello sport USA. Un altro paisà per segnare il cammino vincente di una piccola università che in questi ultimi tre anni si è trasformata in un gigante nel panorama universitario cestistico. Nel 2016, contro North Carolina, Di Vincenzo, il numero 10 di Villanova non era sceso in campo, infortunato, ma questa volta si è preso tutto: 31 punti, top scorer, il punteggio più alto nella storia delle finali per un giocatore della panchina. Sì perché Donte il paisà è il sesto uomo di Villanova, ma una volta che coach Jay Wright l'ha fatto entrare, tutti gli equilibri sono saltati: 37' in campo con 31 punti, 5/8 da due (62,5%), 5/7 da tre (71,4%) l'unica percentuale non all'altezza nei liberi (60%, 6/10) che non ha inciso perché poi ha catturato 5 rimbalzi, regalato 3 assist e piazzando poi due stoppate che hanno stordito con i Wolverines anche tutti i 70.000 presenti all'Alamodome di San Antonio. E dopo Arcidiacono anche Di Vincenzo ha scritto il suo nome tra i Most Oustanding Player, come in passato c'erano riusciti miti del basket del calibro di Bill Russell, Wilt Chamberlain oppure Kareem Abdul Jabbar (tre volte quando era ancora Lew Alcindor). "Mai potevo immaginarmi una prestazione del genere - le parole di Donte - volevo solo portare energia a un nuovo livello, provando a difendere, prendendo rimbalzi, offrendo il meglio di quello che potevo, cercando di far funzionare il tutto". Ma la sua carica è stata devastante e Donte Di Vincenzo, famiglia di evidentissime origini italiane, ribattezzato per la sua grande abilità al tiro "Jordan del Delaware" lo stato dove è nato, è immediatamente diventato un personaggio e se anche "Donte's inferno" è diventato un modo dire comune, ecco che il nickname più bizzarro è arrivato da Gus Johnson, colorito commentatore del basket in tivù. Un soprannome che, una volta che Di Vincenzo ha portato Villanova al titolo, ha fatto il giro del mondo. Infatti un anno fa Johnson aveva coniato per Donte "The Big Ragù", il grande ragù diventato una ricetta unica almeno nella NCAA. Ma a dare la spiegazione per questo nick name assolutamente unico ci ha pensato proprio lo stesso Di Vincenzo: «Credo - ha detto l'eroe di Villanova - che sia stato perché sono italiano e ho i capelli rossi». Ventunanni, potrebbe anche tentare il prossimo draft NBA, intanto l'improvvisa popolarità ha coinvolto anche la sua ragazza, Morgan Calantoni (sempre l'Italia) una cheer leader alla Temple University che non passa inosservata. Ma dopo la grande impresa, anche qualche polemica che è stata sollevata per alcuni tweet razzisti e omofobi che la guardia dei Wildcats avrebbe postato anni fa: Villanova però ha smentito ogni illazione affermando che l'account (ora chiuso) del giocatore era rimasto vittima degli hacker. D'altra parte quando arriva, improvvisa poi come in questo caso, una popolarità senza confini, ecco che allora può succedere di tutto. Ma l'exploit di "Big Ragù" ha toccato anche l'Italia e, come era successo anche con Arcidiacono, ecco che la speranza è che Di Vincenzo possa indossare la maglia azzurra. Sarebbe una boccata di ossigeno per un'Italia che sta ricostruendo la propria immagine, che non avrà più Danilo Gallinari, impossibile a questo punto un suo ritorno non solo dopo il pugno dell'anno scorso, ma anche alla luce degli infortuni che lo hanno costretto a guardare quasi tutta la stagione NBA e anche Marco Belinelli si sussurra che potrebbe almeno per ora respingere la convocazione. Ecco allora che mentre la squadra allenata da Meo Sacchetti sta facendo buone cose senza le stelle, l'ingresso di un nome nuovo carico di entusiasmo come Di Vincenzo, potrebbe essere la nuova strada che l'Italia potrebbe intraprendere in vista di un futuro più luminoso.
Roberto Zanni