Tre giorni a Montevideo. Il Cgie con la riunione della Commissione Continentale li ha sfruttati fino all'ultimo, cercando di capire, confrontarsi, ma anche con la grande volontà di aprire un nuovo ciclo per il Sudamerica, per gli italiani, non importa quale sia la generazione, che nell'America Latina ci vivono, ma che continuano, e lo faranno sempre, a rimanere legati all'Italia.
Mariano Gazzola è il giovane vice segretario per l'America Latina del CGIE, il Consiglio Generale degli Italiani all'Estero. Accento argentino anche quando parla italiano, vive a Rosario, è stato l'ultimo ieri ha lasciare l'Hotel After, nella capitale dell'Uruguay, dopo aver chiuso i lavori tanto attesi.
Soddisfatto della riunione?
"Sì, non c'è dubbio. L'aspetto primario da sottolineare è che abbiamo fatto un lavoro di squadra importante. Qui in America latina abbiamo questo: anche se a volte la pensiamo in maniera differente, abbiamo sempre la capacità di portare a termine il lavoro in maniera congiunta. Quindi, io, come tutti i colleghi, possiamo dire di essere contenti sotto questo aspetto. Penso che il CGIE si stia rilanciando, da un paio di anni abbiamo intrapreso una nuova forma di lavorare anche nel presentarci a chi guarda da fuori. Una nuova strada che sta iniziando a dare i primi risultati, perchè, e questo è un dato di fatto, i rapporti che ci sono con l'amministrazione, soprattutto con la Direzione generale degli italiani all'estero dopo l'arrivo del dottor Vignali, perchè finalmente siamo riusciti a dialogare e questo è l'aspetto primario".
Le recenti elezioni e tutto quello che è successo: è stato questo il punto principale della riunione?
"Indubbiamente era la questione più attuale, anche per il fatto che si tratta di qualcosa avvenuto appena un mese e mezzo fa, anche se un aspetto non dico più importante, ma di discussione quotidiana riguarda la rete consolare, i servizi. Se stiamo a guardare a questo aspetto ci sono persone che vanno al consolato e devono aspettare mesi, che a San Paolo per la cittadinanza c'è un periodo di attesa di 12 anni, che a Rosario si deve aspettare cinque o sei mesi per avere il proprio turno per il rinnovo del passaporto, questa è la quotidianità che non si può e non si deve dimenticare. Poi naturalmente noi addetti ai lavori e per la risonanza che questo particolare problema ha avuto, pensiamo al voto. Anche perché le elezioni vanno sui media nazionali, i consolati molto meno".
Ma quanto successo è per certi versi inquietante.
"Preoccupa ai consiglieri del CGIE questo fatto che ancora oggi non abbiamo i dati certi, finali sull'esito, quanti plichi mandati, quanti restituiti, quanti voti sono arrivati dopo il termine, non ci sono dati sulle preferenze al Senato. Sappiamo chi ha vinto perché lo hanno proclamato, ma se andiamo nella webpage del Ministero dell'Interno si legge 'scrutinio in corso' come se lo stessero facendo ancora, se si va alla Corte d'Appello trovano solo i risultati della Camera, mentre il Senato ha la scritta 'compariranno nei prossimi giorni'. Si avverte questa specie di non interesse per gli italiani all'estero Non lo nego è molto fastidioso".
Poi le denunce.
"Si continua a parlare di brogli, cose strane: se da una parte si può dire che ci sono sempre state, ma non è una giustificazione, dall'altra abbiamo visto alcuni risultati che sembra non siano quelli normali: quando in un seggio un candidato ottiene il 90% dei voti ti viene da pensare. Però, e lo diciamo tutti chiaramente, spetta solo alla Giustizia stabilire se davvero sia successo qualche cosa di irregolare. E noi, tutti, ci fidiamo della Giustizia. Bisogna aspettare quel verdetto".
Questa volta non si tratta solo di sospetti.
"La realtà è che bisogna riformare il sistema del voto all'estero. E' innegabile. Ma nonostante tutto il voto per corrispondenza rimane l'unico modo per garantire il diritto. Ci sono comunità, italiani, che abitano a 800, 900 chilometri dal consolato, come possono fare? Questo però non vuol dire che non ci sia spazio per creare altre forme: si potrebbe introdurre un sistema misto, chi si trova vicino a un consolato potrebbe votare nei seggi, chi è lontano per posta. Ci sono possibilità, ma dovrà essere il Parlamento a studiarle, noi come CGIE possiamo dare suggerimenti, ma tutto deve cominciare da Roma".
C'è una proposta che può presentare il CGIE?
"La potrà esprimere dopo una riunione apposita".
La sua opinione personale?
"Credo che un sistema misto, deciso in base alla residenza, lontana o vicina a un consolato, possa essere, potrebbe essere una soluzione. L'importante è che la discussione venga portata avanti in maniera seria e che soprattutto coinvolga tutti".
Ma rimanendo al voto qual è stata la lamentela che maggiormente avete riscontrato tra gli italiani all'estero per queste elezioni?
"Che non hanno ricevuto il plico. E le cause possono essere tante, dal mancato aggiornamento degli indirizzari e poi esiste sempre una differenza tra gli elenchi del Ministero degli Interni e quello dei consolati. poi quelli legati alla distribuzione, la posta. E se il problema per coloro che abitano vicino a una sede consolare può essere risolto, resta per coloro che invece abitano lontano che poi nella nostra area continentale resta lo scoglio più grande. Basta pensare a certi consolati del Brasile, o di Bahia Blanca, che ha tutta la Patagonia o anche Rosario che arriva fino al Paraguay. Lì non esiste altro sistema che non sia quello per corrispondenza".
Ma in conclusione, partendo dal voto, passando dai consolati e arrivando alle diverse problematiche: gli italiani all'estero hanno la necessità di un rapporto nuovo con l'Italia?
"C'è la necessità di una politica per gli italiani all'estero. Non si può continuare andando avanti con le emergenze, con le cose dell'ultimo momento. Abbiamo bisogno di una politica, che deve essere poi nuova, che tenga presente che il mondo è cambiato come la emigrazione. Esiste una emigrazione italiana che non è la stessa di quella dei nostri nonni ed è anche mutata la composizione all'estero e in modo particolare in Sudamerica. Qui c'è la seconda, terza, addirittura quarta generazione e queste persone devono essere avvicinate con proposte nuove e non più con quelle tradizionali".
(di Roberto Zanni)