Torna la bandiera del Pci, almeno in bacheca. Se la sinistra vive la sua crisi più drammatica dalla Liberazione a oggi, resta aggrappata alla sua storia. La bandiera rossa del Pci nato nel 1921 sarà il mostra al Museo della Città di Livorno che apre i battenti il 30 aprile
prossimo. Il primo storico simbolo del Partito Comunista Italiano è sempre stato a Livorno.
Da ultimo nell’antica sezione del Pd di San Marco Pontino, custodita con cura e apprensione dalla segretaria Edy Simonini. Ora la decisione di passarla al nuovo museo comunale di cui diventerà, probabilmente, l’attrazione numero uno. Sì perchè nonostante le difficoltà attuali, la storia della sinistra italiana ha sicuramente segnato l’evolversi del Paese.
Il senatore Ugo Sposetti, presidente della Fondazione nazionale dei Ds, ha firmato con il sindaco grillino Filippo Nogarin l’atto di comodato che permette l’esposizione della ‘bandiera rossa’ nel Museo della Città nei rinnovati locali dei Bottini dell’Olio nel quartiere della Venezia. Una location che coniuga la tradizione di questa città – i bottini settecenteschi erano destinati al deposito dell’olio – alla modernità della ristrutturazione.
“La bandiera è della città – ha detto Sposetti – sarebbe rimasta in una stanzetta di qualche sezione a prendere umidità. E non è giusto”. Già qualche anno fa l’importortante manufatto era stato sottoposto a un totale restauro per mano della Tessili Antichi di Viterbo che, grazie alle maestranze artigiane, ha recuperato fili e colori di questo pezzo di storia. Ma c’è di più: per i cento anni del XVII Congresso del Partito Socialista che provocò la nascita del Partito Comunista sono previste numerose celebrazioni e il cuore delle manifestazioni sarà proprio la città toscana che, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, non è più guidata dalla sinistra.
In quei giorni lontani la fazione guidata da Amedeo Bordiga e Antonio Gramsci abbandonò i lavori congressuali al Teatro Goldoni e il 21 gennaio si riunì al Teatro San Marco nel congresso fondativo del Pci, sezione dell’Internazionale Comunista. Su come si realizzò la scissione, gli stessi Gramsci e successivamente Togliatti espressero più tardi un giudizio parzialmente autocritico: nel breve periodo la capacità di resistenza del proletariato si indebolì notevolmente e la gente rimase disorientata dalla durissima lotta intestina apertasi a sinistra.
A guardare bene non c’è molta differenza dalla situazione attuale: la scissione tra PD e Liberi e Uguali ha di fatto scoraggiato migliaia di militanti e milioni di votanti. In quel 1921 primo segretario venne nominato Amadeo Bordiga, ma la sua direzione fu messa sotto accusa al III congresso del PCd’I che si tenne in esilio, a Lione nel 1926. Bordiga fu estromesso dal gruppo dirigente: prevalse, cioè, la linea elaborata da Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti nelle famose “Tesi di Lione” in cui si ponevano le premesse per la costruzione di un partito di massa e veniva svolta un’acuta analisi del fascismo, cogliendone le tendenze all’imperialismo e alla guerra.
Con le leggi speciali del 1926, infatti, tutti i partiti e i sindacati furono dichiarati illegali, estromessi dalla vita dal Paese e costretti a operare in clandestinità. Lo stesso Gramsci restò in carcere dieci anni minando la sua salute già precaria e di lì a poco, nel 1937, morì. Poi venne la Liberazione dal fascismo e i partiti tornarono legali. Da lì poi nacque il Pds, poi Ds e infine Pd. Ma tutto ebbe inizio proprio a Livorno al Teatro San Marco dove resta affissa una targa apposta dai comunisti livornesi nel 1949: “Tra queste mura il 21 gennaio 1921 nacque il Partito Comunista italiano avanguardia della classe operaia”.
“Il Pci nasce qui, – ha detto Sposetti, – a Livorno c’è la memoria dei due teatri, il Goldoni e il San Marco protagonisti di quel periodo, abbiamo conservato tutti gli atti di quei giorni che vogliamo far rivivere proprio in occasione del centenario. Poi la storia ha dato giudizi anche su certe scelte politiche e nell’occasione, affronteremo anche questi aspetti». Le parole di Sposetti sono state accolte con grande emozione da alcuni ‘compagni’ riuniti nella sede della federazione Pd. C’era Claudio Seriacopi custode della “bandiera rossa” durante il lungo restauro, fino alla collocazione nel nuovo museo. Una struttura dove la bandiera comunista farà bella mostra accanto ad altri cimeli che raccontano la storia della città labronica: le collezioni archeologiche e numismatiche targate Chiellini; le tracce del mondo dell’ “Encyclopedie” con la Livorno laica e progressista del secolo dei lumi; la Livorno superstar del cinema con film cult come “Notti bianche” di Luchino Visconti, “Il Sorpasso” sulle scogliere del Romito e le pellicole del livornese Paolo Virzì, noto militante del Pd.
E poi Mascagni, il noto giornale “Il Vernacoliere” e le altre riviste umoristiche e le false teste di Modigliani. Un insieme di oggetti che fanno di Livorno una città unica nel panorama italiana con i suoi canali, il mare, il caciucco e soprattutto la sua ironia.
Marco Ferrari