Sarà la Rai il primo ente pubblico a finire nel calderone del sottopotere? Lì si misureranno i veri rapporti di forza fra Lega e Movimento 5 stelle nel nuovo governo di Giuseppe Conte. Nel pentolone non c’è solo la Rai, ma una serie di posizioni chiave della vita economica italiana, dalla Cassa Depositi e Prestiti, il nuovo resuscitato Iri, alla Autorità per energia e gas e a due membri della Consob (la Commissione di vigilanza sulla Borsa), tra cui il presidente.
E poi, mica roba di poco conto, i vertici di Polizia, Carabinieri, Esercito e Servizi segreti. Nel Paese socialista più socialista al mondo dopo la Cina (forse) e prima di Venezuela e Nicaragua, il potere non si esercita solo e tanto con i ministeri, che vivono di una loro vita da tritacarne capace di stritolare ogni cambiamento politico. Il potere vero sta nelle aziende controllate, più o meno direttamente, dal Governo. Il cambiamento in Rai era stato anticipato, due mesi fa, il 29 marzo 2018.
Viale Mazzini è il laboratorio per sperimentare alleanze e accordi parlamentari, indicare maggioranze e opposizioni politiche, quasi in contemporanea con la formazione del prossimo governo. […] Le procedure per la nomina del Cda – inclusi amministratore delegato e presidente di garanzia – vanno avviate entro la fine di aprile e richiedono ai partiti spartizioni scientifiche. Perché lo impone la legge di matrice renziana numero 220 del 2015. […]
“Il Cda Rai, in carica dal 2015, da Statuto decade quando l’assemblea degli azionisti (99,56 per cento il Tesoro, 0,44 per la Siae) approva il bilancio d’esercizio, dunque non oltre il 29 giugno 2018 e non al compimento del terzo anno solare di mandato di Monica Maggioni, Guelfo Guelfi e colleghi, che scadrebbe il 5 agosto. Perché aprile? Semplice, lo prescrive la legge: due mesi prima dell’assemblea degli azionisti, la stessa Rai, il ministero del Tesoro, la Camera e il Senato aprono le iscrizioni per selezionare il
nuovo Cda. Nei prossimi giorni l’esecutivo e la maggioranza parlamentare sono chiamati a decidere i vertici di aziende pubbliche e authority nevralgiche per il Paese.
Tra queste la Rai, la Cassa depositi e prestiti, e il Garante per l’energia e il gas. Ma se questi consigli di amministrazione sono fisiologicamente arrivati a scadenza e quindi devono necessariamente e doverosamente essere rinnovati, il governo sembra intenzionato ad aprire anche un altro capitolo, ben più grave e preoccupante. Quello delle nomine effettuate dall’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni. Tra i capi della nuova maggioranza, infatti, si sta facendo largo l’indicazione di rimettere in discussione alcune delle scelte fatte alla fine della scorsa legislatura.
Il grimaldello è stato rintracciato in un provvedimento approvato nel 2002 dal governo Berlusconi. Si tratta della legge 145 che al comma 6 recita così: le nomine “conferite dal governo o dai ministri nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura, possono essere confermate, revocate, modificate o rinnovate entro sei mesi dal voto sulla fiducia al governo”. E quali sono le nomine effettuate da Gentiloni negli ultimi sei mesi di legislatura? Sono almeno cinque e tutte decisive nell’assetto e il controllo dello Stato: i vertici di Polizia, Carabinieri, Esercito e Servizi segreti.
E poi due membri della Consob (la Commissione di vigilanza sulla Borsa, cui sono
state attribuite responsabilità anche per la mancata difesa dei risparmiatori nelle crisi bancarie), tra cui il presidente. E non è un caso che il neo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, abbia voluto subito incontrare e affidare un segnale preciso al capo della Polizia, Franco Gabrielli. Se così fosse tutto verrebbe trasformato. Il termine “cambiamento” invocato nella propaganda della squadra presieduta da Giuseppe Conte dovrebbe essere trasformato in “occupazione”. Occupazione del potere.
Del resto, questa nuova maggioranza interpreta la sua ascesa al comando non come un ordinario cambio della guardia, ma come una purificazione. Un cambio di regime che ha bisogno di disinfettare tutti gli uffici dello Stato, e non solo quelli. Anche gli aspetti comprensibili e giustificati dello spoils system assumono così i contorni di una “pulizia””.