Recentemente il Senato uruguaiano ha approvato un progetto di legge che prevede la creazione di una commissione che studierà la possibile istituzione del voto per gli uruguaiani residenti all’estero. L’iniziativa è stata presentata dalla coalizione di maggioranza del Frente Amplio che torna adesso a proporre per la seconda volta una tematica già precedentemente discussa: in un referendum del 2009 peró solo
il 37% della popolazione votò a favore della proposta di legge. Appellandosi alla difesa della Costituzione, i partiti di opposizione hanno promesso ancora una volta una dura
opposizione al progetto e hanno annunciato la convocazione di un referendum per abrogare la norma.
In una nazione dalla grande cultura civica che prevede l’obbligatorietà del voto, questo
è un tema che divide profondamente la società uruguaiana ma che adesso è tornato alla ribalta. I parlamentari di origine italiana del Frente Amplio appaiono abbastanza fiduciosi nonostante la grande prudenza verso una norma che avrà bisogno della modifica della Costituzione -dunque con una vasta maggioranza per essere approvata. All’interno della commissione che verrá formata saranno invitati i rappresentanti di tutti i partiti insieme con i membri della Corte Electoral, l’organismo incaricato di organizzare tutti gli atti elettorali in Uruguay. Qualora il lungo processo avrà esito favorevole, bisognerà aspettare le elezioni del 2024 (e non quelle del 2019) per essere messo in pratica. Ma il sistema di voto italiano può essere un modello da seguire per l’Uruguay? All’interno della coalizione di centrosinistra c’è un timido consenso. Anche se tutti ne elogiano il “principio di rappresentatività” le idee sono chiarissime su ciò che bisogna evitare, ossia il voto per corrispondenza per tutte le problematicità che comporta e che puntualmente si ripetono ogni volta.
“Abbiamo un debito con i nostri compatrioti all’estero, mezzo milione di cittadini a cui si sta negando un diritto che la Costituzione uruguaiana non nega” spiega la socialista Monica Xavier, italiana per via della madre originaria di Lauria e votante nelle elezioni italiane.
“Non c’è una soluzione già predefinita. Bisognerà trovare punti di coincidenza con le altre forze politiche per raggiungere il consenso necessario e lasciare da parte le differenze”.
Personalmente, la Xavier è orientata verso l’opzione del voto consolare e verso una “partecipazione solo nelle elezioni nazionali e non in quelle locali ma” -precisa- “siamo aperti alla discussione e non scartiamo nessuna ipotesi”. “Oggi viviamo in un mondo diverso rispetto a quello di mia madre e sono cambiate anche i fenomeni migratori. Un piccolo paese come il nostro deve inserirsi nel contesto globale assicurando più diritti”.
Il deputato socialista Alfredo Asti, di lontane origini piemontesi, è uno dei pochi a parlare
chiaramente criticando gli aspetti negativi del sistema italiano: “Il voto per corrispondenza ha dei seri problemi in tema di garanzia e trasparenza - spiega - Di questo aspetto se
ne parlò già nel referendum del 2009. Per questo oggi riteniamo che l’opzione migliore sia il voto consolare, ossia assicurare un voto all’estero che sia nei limiti del possibile più simile a quello che abbiamo qui. Per votare occorrerà registrarsi e poi recarsi personalmente presso le sedi consolari abilitate”.
Daniel Caggiani del Movimiento de Participación Popular guarda invece all’Italia in ottica positiva: “Per noi può essere un modello da seguire anche se dobbiamo essere aperti e analizzare le diverse esperienze. L’aspetto più importante da sottolineare è quello di dare una voce ai cittadini residenti all’estero all’interno del Parlamento. Detto questo però dobbiamo assicurare un voto trasparente e sicuro”. Cittadino grazie a un bisnonno della provincia di Salerno, Caggiani dice di votare regolarmente alle elezioni italiane.
“Il Frente Amplio ha aperto uno spazio, adesso spetterà agli altri partecipare a questa richiesta che ci arriva da fuori” afferma Luis Gallo, deputato di Asamblea Uruguay la cui famiglia ha origini piemontesi. “Dall’Italia possiamo prendere diversi spunti anche se sulle modalità io sono orientato verso il voto consolare che sarebbe più facile da accettare viste le caratteristiche del nostro sistema elettorale. In ogni caso bisognerà analizzare le diverse proposte ed arrivare a una soluzione condivisa per poter essere approvata da una vasta maggioranza”.
Per il socialista Gonzalo Civila questa è una “grande ferita” per l’Uruguay. “La Costituzione non proibisce affatto il voto all’estero come dice qualcuno. Non è un caso infatti che chi vuole può tornare e votare. Così facendo però si crea un’evidente disuguaglianza perché solo chi ha la possibilità di viaggiare può votare. Noi vogliamo aprire una discussione per analizzare questo problema. Siamo l’unico paese in America Latina che non concede questo diritto”. Cittadino italiano per via di una doppia discendenza da Savona e da Salerno, Civila dice di aver votato in diverse occasioni. Sul caso uruguaiano la sua riflessione è abbastanza simile a quella di Alfredo Asti: “Dobbiamo ricordare il referendum del 2009 per cui l’opzione da escludere è il voto epistolare”. Poche, secondo lui, sono le possibili analogie con l’Italia dato che “i sistemi politici sono molto diversi” oltre a un “diverso peso riguardo al numero dei cittadini residenti all’estero”.
All’interno dei partiti dell’opposizione le opinioni sono abbastanza contrastanti anche se a prevalere è una critica basata sul rispetto della Costituzione. Tra i parlamentari di origine italiana emergono alcune nette differenze: se da un lato c’è qualcuno (una minoranza) che sostiene il diritto di voto pur criticando l’iniziativa della maggioranza, dall’altra si chiude completamente la possibilità a garantire questo tipo di diritto. Anche all’interno di uno stesso partito ci sono posizioni opposte come dimostra il Partido Nacional.
L’ex presidente della Camera Gerardo Amarilla dice di votare regolarmente in Italia per via della cittadinanza acquisita grazie a un bisnonno della Basilicata. “L’Italia è un modello nella partecipazione politica dei cittadini residenti all’estero e nella loro rappresentanza all’interno del Parlamento. Lo sostengo da dieci anni, so di essere in minoranza all’interno del mio partito”. Nonostante questo, Amarilla critica il progetto del Frente Amplio per i metodi scelti: “Un’iniziativa di questo genere ha bisogno di una riforma costituzionale con ampio consenso per essere approvata. Farlo in questo modo e a un anno dalle elezioni, però, è un cattivo segnale per la nostra democrazia”.
Di tutt’altra opinione è invece Jorge Gandini, successore di Amarilla attualmente alla guida della Camera dei Deputati, uno dei più duri al riguardo: “Sono contrario fiosoficamente e nel rispetto della nostra Costituzione. Ho una posizione estremamente negativa. Vota solo chi risiede nel paese, paga le tasse, riceve sevizi e si beneficia o soffre delle conseguenze dei governi scelti”. Famiglia originaria del Piemonte, Gandini è una delle voci più critiche contro il sistema di voto italiano e in particolare contro il voto per
corrispondenza. Lo ha denunciato più volte e lo ripete anche adesso: “A casa non abbiamo mai votato anche se riceviamo sempre i plichi elettorali. Più di una volta è capitato che qualcuno ci chiedesse le nostre buste ma d’altronde non si può controllare. La realtà è che nel sistema epistolare, come dimostra il caso italiano, manca la sicurezza e la trasparenza necessaria per un voto”. Il presidente della Camera parla anche di un altro aspetto negativo, quasi mai menzionato, che provocherebbe il voto estero: “Non mi piacciono le campagne internazionali perché generano un’intromissione dei partiti politici locali nelle elezioni di un altro paese. Ho visto fare queste cose a tutti, è successo anche con il mio partito e per me è inaccettabile”.
Un’altra voce all’interno dei “blancos” è quella del senatore Guillermo Besozzi con lontane origini lombarde. “Ci sono notevoli differenze tra il progetto del Frente Amplio e il sistema italiano che prevede le circoscrizioni estere. Io in genere voto alle elezioni italiane anche se è un compito abbastanza difficile dato che bisogna leggere e informarsi bene prima. Qui invece si vogliono fare la cose forzate”. Secondo Besozzi la particolarità dell’Uruguay è la sua Costituzione che non prevede questa possibilità. In ogni caso “è una questione molto
delicata ed è necessario un profondo dibattito”.
Anche Conrado Rodríguez, deputato del Partido Colorado, ha una posizione totalmente contraria come Gandini. “La nostra Costituzione è chiarissima e prevede il diritto di voto solo per chi risiede nel territorio nazionale. Sono favorevole alla proposta dell’ex presidente Sanguinetti di riunire tutta l’opposizione per un referendum”. Rodríguez è figlio di un emigrata della Basilicata ma dice di non aver mai partecipato alle elezioni: “Non voto per rispetto e per coerenza. Non conosco bene la situazione e non vivo nel paese. Non sarebbe etico. Si vota solo nel luogo in cui si pagano le tasse. Un altro aspetto molto dubbioso è il voto consolare di cui si parla. Come fanno coloro che vivono lontani dalle sedi consolari?”. Anziché concedere il voto, il deputato “colorado” vede possibili altri diritti da assicurare agli uruguaiani all’estero come “benefici fiscali e agevolazioni” per chi decide di tornare.
L’ultima opinione raccolta all’interno dell’opposizione è quella di Ivan Posada del Partido Independiente dalle lontane origini piemontesi. Sulla stessa linea di Amarilla, Posada è favorevole al voto estero ma si oppone alla forma con cui lo sta pianificando il Frente Amplio perché “fa dire alla Costituzione qualcosa che non dice”. In passato, il deputato indipendente era stato tra i promotori di un progetto di legge che prevedeva l’elezione di due rappresentati esteri all’interno del Parlamento ma non trovò approvazione. Oggi continua a sostenere quella tesi che “si ispira molto al principio italiano seppur” -precisa- “sostiene il voto consolare anziché quello epistolare che non ha garanzie. È necessaria una riforma della Costituzione e una larga maggioranza ma, così facendo, il Frente Amplio è partito male perché vuole imporre una sua visione”.
Matteo Forciniti