I gabbiani che dominano e incombono sul centro di Roma sono un segno di malaugurio per la Capitale. Come in un rituale, al tramonto (e anche nelle ore che precedono l’alba) volano in circolo sul Foro e sul Palatino. I romani da anni lamentano il degrado della loro città, con le buche nelle strade, i bus che prendono fuoco, i giardini pubblici abbandonati, la monnezza non raccolta in strada e che inquina l’acqua del Tevere. Non si lamentano per l’abbondanza di cibo gratis dei gabbiani, questi “predatori” che “hanno aggressivamente colonizzato una città a una quarantina di chilometri dal mare”.
Un giornalista americano è rimasto impressionato al punto che i gabbiani di Roma sono diventati protagonisti di un articolo di Jason Horowitz per il New York Times. Negli ultimi anni, la popolazione di gabbiani è cresciuta, attualmente secondo alcuni esperti sono decine di migliaia, e poiché si nutrono rovistando nella spazzatura, fanno spuntini con i panini a spese dei turisti e ignari pedoni al contempo è cresciuta anche la loro dimensione fisica. I Larus michahellis o gabbiano reale, è una specie con un debole per piccioni, pipistrelli, storni e talvolta altri gabbiani, e proteggono il territorio. Gli uccelli, che possono vivere per decenni, si sono sistemati comodamente sui tetti della città, sui campanili e sulle antiche rovine.
Horowitz ha intervistato Francesca Manzia, la direttrice della Lega Italiana Protezione Uccelli, LIPU. La spiegazione è stata: “Abbiamo detto loro che Roma è la loro casa e si comportano di conseguenza. Una volta in contatto con una nuova specie – umana – hanno imparato a rispondere”. Secondo la Manzia, i gabbiani interpretano i “doni” degli esseri umani come un segno di sottomissione. “Pensano:”O.K., ora questo è il mio territorio”. La Manzia ha sostenuto di aver ripetutamente spiegato ai dirigenti comunali che per ridurre il numero di gabbiani è indispensabile pulire la città, migliorare il comportamento dei romani. “Il Comune ha detto: ”Impossibile”, ha riferito la direttrice.
Horowitz aggiunge una testimonianza in prima persona: ”In una recente rappresentazione ne “La Traviata” alle Terme di Caracalla, tra i ruderi c’era un gabbiano. Il duetto operistico, con il verso del gabbiano si è trasformato in un trio. Su un tetto fuori dal Vaticano, dove i gabbiani hanno ridotto a brandelli le colombe della pace fatte volare dalla finestra del papa, ne ho osservati due che svolazzavano minacciosamente sullo zucchetto viola, o papalina, del ministro degli Esteri vaticano”.