Il tema di un intervento militare internazionale torna a dividere il fronte dei paesi americani contrari al governo venezuelano di Nicolas Maduro. Sabato scorso, in una dichiarazione congiunta, i paesi del gruppo di Lima hanno espresso "preoccupazione e rifiuto dinanzi a qualsiasi sviluppo di azione o dichiarazione che comporti un intervento militare o l'esercizio della violenza, la minaccia o l'uso della forza in Venezuela". Il testo porta le firme dei governi di Argentina, Brasile, Costa Rica, Cile, Guatemala, Honduras, Messico, Paraguay, Perù e Santa Lucia.
TRE STATI NON FIRMANO LA DICHIARAZIONE DI LIMA
Per uscire dalla "grave crisi politica, economica, sociale e umanitaria che attraversa il paese", occorre battere la strada negoziale, prosegue il testo esigendo al tempo stesso a Caracas di "porre fine alla violazione dei diritti umani, a liberare i prigionieri politici, rispettare l'autonomia dei poteri dello stato. Colombia, Canada e Guyana non hanno però firmato la dichiarazione del "Gruppo di Lima".
MA ALMAGRO (OSA) CORREGGE IL TIRO
Il testo è stato licenziato a seguito di dichiarazioni del segretario generale dell'Organizzazione degli stati americani (Osa), Luis Almagro, secondo cui l'uscita diplomatica dalla crisi rimaneva la via preferenziale, ma non potevano escludersi altre soluzioni. Nella serata di domenica, lo stesso Almagro - che in questi giorni accompagna una missione Osa per registrare il fenomeno della migrazione venezuelana - ha corretto l'interpretazione delle sue parole spiegando che l'Osa mantiene il suo impegno per una soluzione pacifica e che il sostegno a un'ipotesi militare è una voce alimentata per evadere la gravità della crisi. La Colombia, a sua volta, ha fatto sapere che nonostante una differenza di termini con i partner regionali, si mantiene a favore di una soluzione negoziale.