Ogni automobilista è costretto a fare i conti con il consumo di carburante. In alcune zone d'Italia, e in alcuni periodi dell'anno, in base ai movimenti delle quotazioni del petrolio, fare il pieno dal benzinaio è un salasso e il prezzo del carburante può raggiungere cifre record. Gli automobilisti non possono sottrarsi in nessun modo al rifornimento, anche se con alcune abitudini di guida è possibile risparmiare benzina. A tirare su il prezzo sono le famose accise che gravano sui consumatori sommandosi nel corso degli anni: 17 piccole tasse a cui va sommata l'Iva e il cui taglio ciclicamente torna d'attualità nel dibattito politico.
La prima fu introdotta nel 1935 per finanziare la Guerra d'Etiopia, ma grava sul prezzo soltanto per 0,0001 euro. La seconda risale al 1956 per la crisi di Suez. Le successive sono tutte dovute alla ricostruzione dopo i disastri naturali: il Vajont del 1963, l'inondazione dell'Arno a Firenze (1966), il terremoto in Belice (1969), quello in Friuli (1976) e in Irpinia (1980), l'ultima che costituisce un peso più significativo di 0,0387 euro al litro. Dieci centesimi sono pagati per le operazioni ONU in Libano del 1983, a cui è seguita l’accisa aggiunta per la missione militare in Bosnia del 1996.
Nel 2004, per il contratto degli autoferrotranvieri furono aggiunti 2 centesimi, poi nel 2005 0,005 euro per l'acquisto di bus ecologici, e nel 2009 0,0051 euro per l'emergenza dopo il terremoto dell'Aquila. A completare il quadro ci sono le accise del 2011 per il finanziamento alla cultura, per la crisi dei migranti libici, per l'alluvione in Liguria e in Toscana e per il decreto Salva Italia, che gravò più sul Diesel. Per il terremoto in Emilia del 2012, furono introdotti solo due centesimi.