Si fa fatica a trovare qualcosa di italiano nelle librerie di Montevideo aperte venerdì sera in occasione della seconda edizione della "Noche de las librerias". Una delle poche eccezioni è rappresentata dalla "Linardi y Risso", storica casa di libri situata all’interno della Ciudad Vieja, dove si nasconde un piccolo legame con la Liguria lontano nel tempo.
"Nella storia dello sviluppo delle librerie in Uruguay c’è stata pochissima Italia" riconosce subito Andrés Linardi mettendo quasi le mani avanti. "La maggior parte dei negozi e la maggior parte dei propulsori erano quasi tutti spagnoli. Questa situazione è abbastanza strana per una nazione che ha tanta Italia praticamente in tutti i settori. Non sono in grado di spiegare il perché ma questi tipi di divisioni sono abbastanza comuni nelle società. Anche i bar ad esempio si dice che fossero tutti spagnoli. Forse noi siamo l’unica libreria di origine italiana a Montevideo".
Non è un caso infatti che la "Noche de las librerias" sia organizzata dal Centro Cultural de España che è riuscita a riunire 46 librerie di tutto il paese per partecipare a questo evento che ha ottenuto l’appoggio delle istituzioni uruguaiane. Le adesioni quest’anno sono praticamente raddoppiate con una discreta presenza anche nell’interno: Paysandú, Punta del Este, Pinar, Parque del Plata e Fray Bentos. Con un’esposizione sull’origine delle librerie in Uruguay, la Linardi y Risso custodisce i ricordi e la storia dello sviluppo di questo settore che ha attraversato vicende alterne e sopravvive oggi al regno del digitale.
Fondata da Adolfo Linardi nel 1944, la libreria cambia nome all’inizio degli anni cinquanta con l’approdo di un secondo socio, Juan Ignacio Risso. Specializzata in letteratura latinoamericana, da qui sono passati in oltre settant’anni di vita tanti scrittori, artisti e presidenti. Come racconta il figlio Andrés c’è anche qualche traccia di Liguria in questo luogo simbolico della cultura di Montevideo.
"La nostra famiglia ha antiche origini italiane, per via di un nostro antenato che si chiamava Lorenzo Linardi ed era di Deiva Marina, un piccolo paese che si trova a metà strada tra Genova e La Spezia. Noi avevamo poche informazioni al riguardo, ma mio padre intorno agli anni novanta trovò in una copia del giornale L’Eco d’Italia il nome del nostro antenato e il paese di nascita".
Era un annuncio della delegazione italiana che convocava -senza specificarne il perché- diversi cittadini sul giornale della comunità italiana. Da lì i Linardi riuscirono a riunire tutta la documentazione necessaria ed ottennero la cittadinanza. Della famiglia Risso si conoscono invece maggiori informazioni come testimonia il libro "Guía para navegantes de la familia Risso" una ricerca sulla storia della famiglia, anch’essa ligure. Mentre Andrés Linardi risponde con estrema precisione alle domande, sfoglia le pagine di un testo molto corposo "Gli italiani nell’Uruguay", un dizionario con più di mille biografie scritto da Horacio Araújo Villagrán nel 1920.
Insieme a "La Camera di Commercio italiana di Montevideo" , "Familias italianas en el Río de la Plata" e "Presenza d’Italia in Uruguay nel secolo XIX" è uno dei pochi libri italiani rimasti. "Iniziative come la Noche de las librerias" -sostiene- "sono importanti perché consentono ai lettori di accedere alle librerie in un orario dove sono di solito chiuse. Questa è un’opportunità perché in genere quando noi siamo aperti, la gente lavora e non può venire". Sulla sopravvivenza del cartaceo contro l’avanzata del digitale, il discendente ligure non ha dubbi: "Un libro è un bene proprio di cui ci impossessiamo una volta ottenuto e non ha data di scadenza. Lo si può toccare, lo si può sottolineare. La tecnologia invece ha un periodo di vita limitato destinato ad essere rimpiazzato in breve tempo. Il libro è un patrimonio che non ha tempo".
Matteo Forciniti