Mittente Aspi. Destinatari Marco Bucci, sindaco di Genova e commissario, e il ministero delle infrastrutture. Oggetto: demolizione e ricostruzione del ponte Morandi. La società esclusa dalla ricostruzione presenta a sorpresa il suo progetto. "Ponte low cost in nove mesi", il progetto in 74 pagine e la promessa di un miracolo. Solo nove mesi per la realizzazione dell’opera. La sfida di Autostrade al governo. Proposta nella proposta, suona strana l’ultima parte sulle penali auto-inflitte in caso di un ritardo nella costruzione. Il progetto è il risultato di un proprio studio firmato da Sara Frisiani, ingegnere ambientale di Spea Engenering. Contiene tempi e prezzo della ricostruzione del fu ponte Morandi. Aspi ha garantito per ogni mese eventuale mese di ritardo una penale da 20 milioni, pari al dieci per cento dell’importo dei lavori. Autostrade è quindi firmataria di una clamorosa proposta. Visionato dal quotidiano Repubblica, il documento evidenzia una spesa finale di 224,3 milioni di euro lordi, pari a 207,4 netti. Compresi oneri per la rete ferroviaria, espropri, monitoraggi e sottoservizi. Messo a confronto con le cifre, anche quelle ufficiose e parziali che girano da settimane, si stacca chiaramente la sensazione che potrebbe trattarsi di un grande affare. La legge approvata recentemente induce a pensare che si possano spendere in tutto 360 milioni, pari a 30 milioni annui fino al 2029. Come forma di garanzia per il solo avvio delle attività. Il progetto Aspi propone la realizzazione di due obiettivi. Vediamo quali. Il primo: convincere miracolosamente il governo a tornare sui propri passi, a rivederli. La retromarcia si annuncia fortemente improbabile. In ragione del fatto che nel "decreto Genova", ora diventato legge, si stabilisce che Autostrade è fuori. Dall’altro lato, mettere le mani avanti quando ci sarà da pagare il conto "se lo aveste fatto fare a noi, avremmo impiegato meno tempo, spendendo meno soldi". Grosso modo, sarà questo il ragionamento della controllata del gruppo Atlantia. Il codice civile, d’altro canto, proibisce qualsiasi contratto che preveda penali maggiori del dieci per cento, pena annullamento. Penali in cui verrebbe connotata la cosiddetta clausola vessatoria. La stessa Aspi ammette infatti di proporre penali superiori al tetto massimo previsto dalla legge. Come si evince nella lettera inviata giorni fa al commissario-sindaco Marco Bucci. Le postille messe su carta risultano, a tutta prima, a margine impossibili. La consegna del progetto appare perciò la messa in opera di una calcolata strategia in una partita a scacchi destinata a durare anni. Il progetto Aspi è finito intanto – e non a caso – nelle mani di alcuni periti chiamati a quantificare danni e rimborsi a persone, aziende e consorzi di enti pubblici e imprese. Bisogna inoltre considerare che Bucci, al di là dei grandi proclami, parla di un nuovo ponte per Genova entro la prima metà del 2020. Laddove la questione dell’ex Morandi potrebbe richiedere tempi molto più lunghi. Prudenza e cautela sono d’obbligo in ogni caso. Nero sul bianco da parte di Aspi ancora non c’è. Si parla e si racconta che, ad oggi, la concessionaria sia stata bombardata e sommersa da richieste di risarcimento per una cifra totale complessiva spaventosa. Due miliardi di euro. In ballo una montagna di soldi. La vera partita che preoccupa, al di là della ricostruzione in se stessa. È questa la partita che più di tutte allarma Autostrade. Tiene comunque banco, al centro di ogni discussione, la durata effettiva della ricostruzione del ponte di Genova. Completato di recente da Astaldi, il ponte sul Bosforo ha richiesto quattro anni di lavoro. Stesso tempo per quello di Hardanger, in Norvegia. Lunghi entrambi più o meno come l’ex Morandi. Conoscitori della materia sotto l’aspetto tecnico, al di là di chiacchiere e strategie, esclusioni e tentativi di rientro, invitano alla cautela. Se non si verificheranno ulteriori intoppi, Genova potrà riavere il suo ponte a Dicembre 2021.