No, non è assolutamente una fotografia bella quella che ha scattato il Censis nel suo 52esimo rapporto. Incattivita, rancorosa, impaurita, delusa, vecchia anagraficamente e prigioniera del sovranismo psichico. Così è diventata l'Italia secondo un'impietosa fotografia scattata dal Censis.
Secondo il Centro Studi Investimenti Sociali il nostro Paese ha subito un trauma: il boom economico prima e l'atteso cambiamento miracoloso, mai di fatto concretizzatosi, si è trasformato in un incubo. Per il 75% degli italiani gli immigrati fanno aumentare la criminalità, per il 63% sono un peso per il nostro welfare. D'altronde solo il 23% degli italiani ritiene di aver raggiunto una condizione socio-economica migliore di quella dei genitori. E il 67% ora guarda il futuro con paura o incertezza.
300mila giovani che lavorano tra i 20 e 29 anni sono a rischio povertà; diecimila più che nel 2016. Secondo il Censis, dopo il rancore è arrivata "la cattiveria". Colpa della delusione per lo sfiorire della ripresa e per l'atteso cambiamento miracoloso che non è arrivato. Il rancore si estende a livello comunitario: solo il 43% degli italiani pensa che l'appartenenza all'Unione europea abbia giovato all'Italia, contro una media europea del 68%: siamo all'ultimo posto, addirittura dietro la Grecia della troika e il Regno Unito della Brexit.
Il rapporto del Censis ha ritagliato per i giovani in lungo capitolo. Un dato su tutto: tra il 2007 e il 2017 gli occupati di età compresa tra i 25 e i 34 anni è calata del 27,3%, un milione e mezzo di giovani lavoratori in meno. Non va meglio per i più istruiti: nel 2017 i 249 giovani laureati occupati ogni 100 lavoratori anziani del 2007 sono diventati appena 143. A rendere ancora più critica la situazione è la presenza di giovani in condizione di sottoccupazione, che nel 2017 ha caratterizzato il lavoro di 237.000 persone di 15-34 anni: un valore raddoppiato nell’arco di soli sei anni. Così come è aumentato sensibilmente il numero di giovani costretti a lavorare part time pur non avendolo scelto: 650.000 nel 2017, ovvero 150.000 in più rispetto al 2011.
L'arretratezza culturale in cui l'Italia sta sprofondando è dimostrata anche dal fatto che lo Stato non sta più investendo sull'istruzione: il nostro Paese, infatti, investe solo il 3,9% del Pil negli istituti scolastici e di formazione, mentre la media europea è del 4,7%. Dietro di noi ci sono solo Romania, Bulgaria e Irlanda. Diminuiscono anche i laureati: quelli tra i 30 e i 34 anni sono il 26,9% contro la media europea del 39,9%.
Di fronte alla precarietà del lavoro e all’assenza di garanzie di un futuro migliore dopo gli studi, oggi molti giovani hanno spostato i propri obiettivi su altri orizzonti, come ad esempio il mondo dei social: il 53,3% dei giovani tra i 18 e i 34 anni è convinto che oggi chiunque possa diventare famoso e che popolarità sui social sia un fattore fondamentale per riuscire a sfondare, come se si trattasse di talento o di competenze acquisite con lo studio.