Colin O’Brady era steso sul letto di un ospedale thailandese. Il 25% del corpo ustionato, le gambe e piedi gravemente feriti, ricoperti di garze. Di fronte a lui, che poche ore prima aveva deciso di saltare una corda infuocata durante una festa in spiaggia, una sedia a rotelle. “Non tornerai più a camminare come prima”, gli avevano detto i medici. Ma lui, dopo un primo momento di scoramento, aveva deciso che ce l’avrebbe fatta: “Sai mamma, un giorno quando uscirò da qui, parteciperò a una gara di triathlon”.
Era il 2008: Colin, appena uscito dal college, si era regalato qualche mese di viaggi all’insegna dell’avventura, in giro per il mondo. Fino alla sera dell’incidente in spiaggia. Poi il ricovero, la promessa alla madre, il ritorno a Portland, la riabilitazione e quella prima gara di triathlon. Una storia che Colin, ad aprile 2017, ha raccontato al TEDx.
Ma invece di fermarsi alla disciplina che mescola bici, corsa e nuoto, Colin ha cominciato a scalare le montagne. E così, subito dopo aver chiesto a Jenna di sposarlo, è partito all’inseguimento del Grande Slam degli esploratori. Scalare cioè le sette cime, quelle più alte di ogni continente, e raggiungere i due Poli. Impresa completata in 139 giorni.
Lo scorso 4 novembre Colin si è lasciato alle spalle il campo base di Union Glacier lanciandosi all’avventura. Obiettivo: essere il primo uomo ad attraversare l’Antartide da solo. Milleseicento chilometri da affrontare senza scambiare due chiacchiere con qualcuno, senza una pacca sulla spalla né una parola di conforto. Immerso nella neve, trascinandosi dietro una slitta pesantissima.
L’unica finestra aperta sul mondo, oltre al sito internet che ne tracciava il percorso via Gps, il suo profilo Instagram. Proprio dai post pubblicati sui social è possibile ripercorrere il viaggio leggendo: le sue difficoltà, i disguidi tecnici e i pensieri che lo hanno accompagnato, fino agli attimi che ripagano di ogni sforzo.
Inutile girarci attorno: puoi aver scalato l’Everest e aver completato il giro delle cime più alte del mondo, ma vagare nel ghiaccio da solo non è una passeggiata. “È dura”, scriveva dopo appena quattro giorni spiegando che “la ragione per cui questa traversata è stata definita impossibile è che, per avere cibo sufficiente, bisogna partire con una slitta molto pesante”.
Prima di partire, racconta Colin, aveva confidato a Jenna di sognare di arrivare al decimo giorno quando i suoi 180 chili di bagagli sarebbero cominciati a diminuire. Ma giunto a quel primo traguardo, ecco lo sfogo: “È frustrante, per non dire altro, trainare la slitta sui sastrugi”, cioè le tipiche ondulazioni dovute al vento che soffia sulla neve. Una fatica incredibile.
Dopo un paio di settimane Colin ha pensato davvero di fermarsi, piantare la tenda e sperare che il vento placasse la sua forza: “Mi sono sentito solo ed esausto – le sue parole di accompagnamento alla foto del 19 novembre – ma poi ho capito che sono questi i momenti in cui si cresce e si acquista la fiducia per le sfide del domani”. Il segreto per andare avanti? “Concentrarsi sul processo e non sul risultato”. Un passo alla volta, insomma.
“Il mio mantra è: comincia la giornata con la mente calma e rilassata”. Mantenere la lucidità, però, non dev’essere stato sempre semplice. Come quella volta che, prima ancora di arrivare a metà percorso, per inseguire un sacchetto di plastica scaraventato via dal vento si è allontanato di un centinaio di metri dalla slitta: “Che terrore, mi sono reso conto di non essere mai stato così lontano dalla mia zattera di salvataggio: una paura irrazionale.. ma credo proprio che, non avendo niente da amare vicino a me, io abbia sviluppato un forte attaccamento a qualcosa di inanimato”.
Nel suo diario di bordo via social, Colin ha anche raccontato della sua dieta: 7.000 kilocalorie al giorno di barrette nutrienti, miscele di farina di avena e olio, integratori e frutta secca, oltre alle fondamentali zuppe pronte preparate nella neve fatta bollire.
“L'Antartide è brutale e inospitale. Di solito mi sento a disagio per tutto il giorno, la temperatura di -25 gradi mi punge. La slitta mi appesantisce infinitamente. Ho l’imbarazzo della scelta tra le cose di cui posso lamentarsi ogni giorno. Oggi però ho deciso di vedere la bellezza: mi sono meravigliato di questo luogo spettacolare in cui mi trovo. Ho molte cose per cui essere grato di essere qui. Vi do un consiglio: la prossima volta che affrontate le avversità nella tua vita scegliete di vedere la bellezza. Fa la differenza”.
Non può essere soltanto la gloria a spingere un uomo a tentare di attraversare da solo il continente più inospitale al mondo. “Volevo che la mia mente avesse uno spazio per riflettere”, ha spiegato Colin. E mentre ascoltava un podcast sull’amore è scoppiato a piangere: “Ho fatto una pozzanghera di lacrime congelate dentro i miei occhiali”, ha confessato. "L'amore è infinito e il segreto per vivere è amare il più profondamente possibile”. Forse lo è anche per arrivare in fondo a un’esperienza folle, mai riuscita a nessuno prima di lui.