Non è cambiato niente da Sarri ad Ancelotti. La squadra si squaglia nel momento culminante del finale travolgente. Crollò a Firenze dopo avere sfidato la Juventus vincendo sul suo campo, è mancata a San Siro nella nuova sfida alla Juve (?) cedendo all’Inter nella serata in cui poteva accorciare la distanza dai bianconeri. Con la Juve che, senza vincere a Bergamo, scappa a +9 dovrebbero finire la barzelletta dello scudetto “ancora in gioco” e “la matematica non l’ha ancora assegnato” e la favola dell’anti-Juve (dopo il Napoli era stata segnalata l’Inter!).
La Juventus ha vinto il campionato prima di cominciarlo. Perché è la più forte e ci ha aggiunto Cristiano Ronaldo per vincere in Europa. In Italia le basta Mandzukic. Il Napoli giocherà per il secondo posto (+5 sull’Inter), posizione d’onore, niente più, a parte la qualificazione in Champions. Del secondo posto il Napoli deve però fare il suo obiettivo per dare un senso al girone di ritorno. Per non perdere il “filo” della stagione. Per non calare. La Juve non concede altro. Da Ancelotti, al primo anno sulla panchina azzurra, non si poteva pretendere lo scudetto che è nei programmi del tecnico e della società (?), ma proiettato nel tempo (Ancelotti ha un contratto di tre anni).
La squadra di Sarri aveva lacune strutturali camuffate dal “bel gioco” e dalla solidarietà dei titolarissimi. Questa di Ancelotti non è diversa e, ora, è in un momento delicato. Se mai il Napoli (presidente, tecnico, giocatori) ha veramente pensato di insidiare la Juventus, fallito il “sogno” tricolore dopo l’eliminazione in Champions, c’è il rischio di scadere perdendo la bussola della stagione. Con tutte le attenuanti nei rovesci patiti, la delusione serpeggia. Una favola inventata per esaltare la nuova annata col nuovo tecnico era: saremo competitivi su tutti i fronti (che non vuol dire vincere, veniva prudentemente aggiunto). Un passo avanti rispetto a Sarri che, l’anno scorso, puntò solo sul campionato. Che cosa significa competitivi? Inseguire la Juve a 9 punti e uscire dalla Champions perdendo una sola partita? Puntare sull’Europa League, bandierina sventolata per non ammosciare l’ambiente? Puntare sulla Coppa Italia?
A parte le discussioni sul razzismo e sugli arbitri (De Laurentiis ha inopportunamente rotto il suo magico silenzio, ma l’altezzosa e un po’ mafiosa replica di Allegri ha fatto pari), che pure hanno segnato la partita di Milano, dopo la “grande bellezza” è sopraggiunta la “filosofia” del risultato, ma dove sono i risultati? Dov’è il progresso dopo il narcisismo di Sarri da 91 punti? L’impressione è che il tentativo di Ancelotti di andare oltre Sarri si è arenato. La girandola degli esperimenti dovrebbe essere conclusa. Che cosa si ritrova in mano il Napoli? In campionato, niente più delle stagioni passate, anzi meno punti in classifica, meno gol segnati, più distacco dalla Juventus, già tre sconfitte a metà percorso (furono tre in tutto il campionato scorso). Il 4-4-2 di Ancelotti ha dato solidità alla squadra, ma ha spento la verve offensiva. Sono finiti gli incisivi “triangoli” a sinistra, sono calati i cambi-gioco da Insigne a Callejon, il trio dei piccoletti è stato smembrato. Callejon gioca mediano (finanche terzino, ma per venti minuti a Milano), Mertens retrocede in panchina.
Insigne dopo l’esplosione iniziale (7 gol nelle prime undici partite più tre in Champions) non regge il nuovo ruolo, trequartista o che altro, dietro la prima punta. Non ne ha la visione e i movimenti. Più campo e più porta per Lorenzo sono stati un’illusione. Insigne ha una sola mattonella magica, a sinistra, e col 4-4-2 avrebbe anche meno compiti di copertura. Smembrato il “vecchio” Napoli, il nuovo è ancora incerto e sperimentale nella girandola delle formazioni sempre nuove e originali, qualcuna azzardata. Ancelotti aveva l’esigenza di cambiare, ma gli esperimenti stanno rientrando. Il problema non era tanto l’egocentrico Sarri, e non è nemmeno il saggio Ancelotti. Il problema è che alla squadra mancano almeno due fuoriclasse (un grande centrocampista, un grande centravanti) che assicurerebbero il passo in avanti decisivo mentre l’ex squadra giovane sta invecchiando. Le “belle gioie” vanno oltre la trentina (Albiol, Hamsik, Mertens, Callejon).
Con la saggia gestione autarchica, che è il suo miracolo, De Laurentiis sta facendo il massimo. Oltre non può andare. L’annuale qualificazione in Champions è l’obiettivo concreto. I tecnici scelti hanno fatto un buon lavoro, ma la vera campagna-acquisti è ferma a Benitez. Le limitate risorse economiche frenano il Napoli non meno del fair-play finanziario che blocca Milan, Inter, la stessa Roma costretta a vendere i suoi giocatori migliori. È un calcio in cui club come il Napoli, virtuosi ma limitati, non possono competere. Possono partecipare. E, se la Juve nei prossimi anni non va in catalessi, non ci sarà trippa per gli altri gatti in Italia. Il punto è non arrendersi alla “cruda realtà”. È il compito che aspetta il Napoli per non cancellare le ultime esaltanti stagioni. Ancelotti ha provato a lungo i giocatori trascurati da Sarri. Non c’erano valori nascosti. C’erano buoni giocatori per alternative bordocampo-campo. Alla prova del fuoco, non si sono rivelati quei campioni “umiliati” l’anno scorso in panchina. È giusto che Ancelotti utilizzi e magnifichi l’intera “rosa”, ma ci sono idee per il futuro?
Mimmo Carratelli