Sono andati in Siria per combattere l’Isis e ora rischiano di essere trattati come gli stessi terroristi contro cui volevano fare la guerra: i cinque antagonisti torinesi per i quali il pm ha chiesto la sorveglianza non ci stanno e convocano i giornalisti per chiarire la loro posizione.
“In Siria abbiamo ricevuto un addestramento militare ma questo ci rende socialmente pericolosi per la societa? Forse dovremmo essere trattati con rispetto” puntualizza Davide Grasso, uno dei cinque osservati speciali della Procura. “Sicuramente – prosegue – devono essere trattate con rispetto le Ypg, le quali, combattendo contro l’Isis, hanno difeso anche le nostre città. La società ha un debito nei loro confronti”.
Grasso inoltre spiega che uno dei cinque interessati dai provvedimenti invocati dalla Procura era in Siria per svolgere l’attività di giornalista: “Quello che intendono farci è un processo alle intenzioni. Non ci vengono contestati dei reati, non ci vengono mosse accuse specifiche. D’altra parte non abbiamo fatto nulla di male. Da noi non si sono mai levate istigazioni alla violenza o inviti a usare le armi. E i pm lo sanno. Per questo parlo di ipocrisia”.
Al fianco di Grasso anche Fabrizio Maniero, detto ‘Jack’, un altro dei componenti il commando. “Le Ypg non sono considerate formazioni terroristiche dalla comunità internazionale tanto che durante l’avanzata su Raqqa erano sostenute dall’aviazione degli Stati Uniti“, sottolinea. “Sono anche riuscite ad arrestare un estremista islamico, cittadino italiano, proprio mentre era in procinto di partire per l‘Italia con propositi che non è difficile intuire. Per tutte queste ragioni noi non accettiamo di essere accostati alle persone che abbiamo combattuto”.
“Settant’anni di pace hanno fatto bene all’Europa – continua Maniero – Al tempo stesso però hanno allontanato la percezione che si ha di una guerra, è diventata una cosa lontanissima, una riduzione cinematografica, lo spezzone di un video. Io sono entrato in una Kobane con le case ridotte in frammenti e i muri, tutti i muri, crivellati dai proiettili. Ho visto scene di tristezza e di desolazione devastanti. La realtà non è un film”.