Pochi numeri per capire: due terzi delle leggi approvate nei primi sei mesi del Governo Conte sono conversioni di decreti legge; una quantità di emendamenti di natura parlamentare approvati inferiore di quasi tre volte rispetto al primo semestre della precedente legislatura; il 94% delle proposte di senatori e deputati ancora fermo al palo.
Sono i numeri di una analisi condotta da OpenPolis e Agi sull'attività legislativa nei primi sei mesi del Governo Conte.
E il bilancio non è per nulla edificante, confermando la tendenza già vista recentemente (da Letta a Renzi fino a Gentiloni) dell'esecutivo di scavalcare il Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa. Con una nota ancora più stonata: la poca trasparenza nella produzione legislativa da parte del Consiglio dei ministri.
Memento: le ormai celebri "manine".
Visto che gli esecutivi Renzi e Gentiloni hanno iniziato a lavorare a legislatura già ben avviata, il report confronta principalmente l'operato dell'attuale Governo con quello di Enrico Letta, più simili nella genesi e per composizione, nascendo entrambi da accordi tra due gruppi politici avversari dopo complesse consultazioni. Secondo lo studio OpenPolis/Agi sulla base dei dati di Camera, Senato e OpenParlamento, circa l'80% della ventina di leggi approvate in questa legislatura sono di iniziativa governativa.
E ben due terzi sono decreti legge.
Si tratta della percentuale più alta dall'esecutivo Letta in poi: con quest'ultimo la quota "decreti" nell'insieme delle leggi approvate era il 50%nei primi sei mesi, il 30% con il Governo Renzi e il 16% con quello Gentiloni.
Insomma, con il premier Conte il decreto, che nasce come strumento legislativo del Governo per i casi di necessità e urgenza, assume un ruolo predominante e contribuisce al forte ridimensionamento delle prerogative del Parlamento.
Anzi, in questa legislatura Palazzo Madama e Montecitorio risultano ancora meno influenti, se si va a guardare la quota di emendamenti di iniziativa parlamentare poi approvati in sede di conversione dei decreti. In un contesto in cui il potere legislativo si accentra nelle mani del Governo, gli emendamenti di origine parlamentare risultano essere forse l'unico margine d'azione degli eletti di influire nel processo di produzione normativa.
Ebbene, nei primi sei mesi la media è di 44 emendamenti approvati per provvedimento, contro una media di circa 128 emendamenti parlamentari approvati durante l'esecutivo Letta: quasi tre volte in meno, un dato che riduce e sminuisce il ruolo di Camera e Senato.
Il trend non cambia se si analizza a che punto sono le proposte di legge di deputati e senatori (circa 2200).
Si legge nel report: "Nel primo semestre della scorsa legislatura delle oltre 2.000 proposte legislative di deputati e senatori, il 14,88% erano già in corso di esame in commissione. Durante i primi 6 mesi del governo Conte la percentuale di disegni di legge di iniziativa parlamentare che hanno avviato il proprio iter in commissione è ferma al 5,04%".
Vuol dire che circa il 95% delle proposte parlamentari sono ferme. Non solo: nel primo semestre della scorsa legislatura l'80% delle pdl era stato assegnato alla Commissione parlamentare di competenza, mentre oggi solo il 59% lo è.
Con un Governo che spesso e ben volentieri sostituisce il Parlamento nella produzione delle leggi, la trasparenza dovrebbe quindi essere ancora più ricercata e assicurata, dal momento che il ricorso alla decretazione d'urgenza accorcia di molto i tempi per l'esame (e il controllo) dei provvedimenti.
E invece l'esecutivo Conte, anche sotto questo profilo, delude: passano in media otto giorni dalla deliberazione delle leggi in Consiglio dei ministri alla loro effettiva pubblicazione (e quindi entrata in vigore) in Gazzetta Ufficiale.
Giorni in cui non si sa materialmente come sono scritti i provvedimenti.
Con il Governo Letta la media era invece di 4 giorni.
Per dire: il Decreto Dignità è stato presentato il 3 luglio 2018 e pubblicato solo il 13 luglio; il Decreto Genova ufficializzato il 13 settembre è misteriosamente apparso in Gazzetta solo il 28.
Non certo un motivo di vanto per chi ha fatto della trasparenza il suo faro e poi si stupisce delle manine.