Gente d'Italia

I giovani laureati italiani hanno gli stipendi più bassi dʼEuropa

I giovani laureati italiani sono i meno pagati d'Europa. Forse, ai più, questa notizia non suonerà come una sorpresa. Ma fa sempre effetto leggerlo. Quanto prendono in media? Tenendo conto delle tasse e del costo della vita, per chi prende una laurea Italia e continua a lavorare nel nostro Paese, il salario all’inizio della carriera si attesta attorno ai 23mila euro lordi.

A dare questo dato aggiornato è una classifica stilata dalla società di consulenza Willis Towers Watson, che compara gli stipendi dei ragazzi, soprattutto del ‘vecchio continente’, dopo i primi anni di lavoro. E il paragone, a volte, è davvero imbarazzante: in Lussemburgo e Svizzera, ad esempio, guadagnano il doppio rispetto ai nostri giovani. Il portale Skuola.net ne riporta i dati principali.

Il grafico

Lo studio ha preso in considerazione i dipendenti di aziende multinazionali di una sessantina di Paesi. E, stando ai numeri, a primeggiare è proprio la Svizzera, dove un giovane laureato percepisce in media 88.498 dollari all’anno – oltre 78mila euro – come stipendio di base lordo, contro i 63.007 dollari di un abitante del Lussemburgo e i 61.355 di un danese. A seguire troviamo la Germania, dove la retribuzione è di 60.336 dollari. Ultima la Spagna, con 33.881 dollari.

Ma i conti vanno fatti per bene, considerando anche il peso della pressione fiscale e delle spese correnti. A quel punto, infatti, la classifica varia e siamo noi italiani a rimetterci; i laureati svizzeri scendono al secondo posto, con 58.530 dollari (51.400 euro), dietro al Lussemburgo (58.865) e davanti alla Germania (47.000).

Sempre secondo la società Willis Towers Watson, in Italia un diplomato al primo impiego guadagnerebbe al massimo 24.569 euro lordi. E alla voce "avanzamento di carriera", la situazione è ancora più drammatica: i diplomati, infatti, difficilmente riescono a scavalcare le posizioni da impiegati con il risultato che, nella loro carriera, potranno contare quasi solamente sui salari "fissi" contenuti all'interno dei contratti collettivi nazionali.

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