di MARGARETH PORPIGLIA
Come emigrano gli italiani in Europa? E soprattutto quali paesi scelgono? E’ interessante scoprirlo ed analizzare le preferenze e modalita’ dei nostri connazionali nel fissare la loro seconda residenza. Conosciamo l’entita’ e la mole dell’“Altra Italia” nelle Americhe. Una presenza massiccia ed importante con radici ben piantate. Il nostro giornale racconta da anni storie legate agli italiani che hanno fatto di quelle terre la loro casa. Ma in Europa? Cosa succede nel vecchio continente? Abbiamo voluto raccontare anche le storie di chi vive piu vicino geograficamente all’Italia ma sempre lontano. Innanzitutto una premessa legata all’attitudine: gli italiani che vivono in Europa sono molto critici verso la madre patria. La ragione forse e’ legata alla frustrazione di essere cosi vicini geograficamente ma abbastanza lontani da non essere li nella citta d’origine o nel paesello natale...
La rabbia viene da li...costretti ed emigrare per lavoro ma non lontano, lontano come chi parte per le Americhe... Dunque il profilo dell’italiano che sceglie l’Europa e molto diverso da quello che emigra in altre parti del mondo. Perche’, diciamocelo chiaramente chi sceglie le Americhe ha il dolore della mancanza dentro... e quel dolore forse, gli fa superare le critiche e le osservazioni sui disservizi.. Quella “malincunia” cantata nelle celebrate musiche di fine secolo. Una nostalgia talmente forte che sembra quasi che agli italiani che partono per destinazione lontane manchi il disordine, la malasanita, e persino l’italica monnezza abbandonata per la strada e mai raccolta... Dunque, piu si e’ lontani e piu si perdona o si dimentica l’Italia dei “postriboli” e delle incongruenze, delle manifestazioni e degli scioperi... La vicinanza invece fa aumentare la frustrazione e quindi giu’ critiche tran- chant e male parole...
Ma veniamo a noi e ai connazionali che emigrano in Europa. Ne abbiamo gia individuato le caratteristiche, vediamo ora che paesi scelgono dell’Europa e come si distribuiscono.
Nel Vecchio Continente il flusso migratorio italiano, in atto negli ultimi anno e’enorme. Di dimensioni paragonabili a quello successivo alla Seconda Guerra Mondiale. A confermarlo sono i registri dei connazionali residenti all’estero, a cui vanno sommati i dati incrociati da fonti esterne, come ad esempio le statistiche anagrafiche dei maggiori Paesi europei. Il fenomeno dunque misura almeno il doppio rispetto ai numeri effettivamente censiti, che si riferiscono a cittadini italiani residenti all’estero per più di 12 mesi e che adempiono agli obblighi di legge iscrivendosi all’Aire (non tutti lo fanno, soprattutto fra i più giovani).
La Farnesina sta trasformando l’iscrizione ai registri in una prassi consolidata: «Davanti alla sfida dei nuovi flussi di mobilità e degli oltre 5,5 milioni di italiani residenti all’estero - dice il direttore della Direzione degli italiani all’estero Luigi Maria Vignali - il ministero sta puntando decisamente sulla digitalizzazione dei servizi consolari: abbiamo attivato il Portale Fast-It e pensiamo di renderlo un vero e proprio “sportello consolare virtuale”, per richiedere servizi e ottenere certificati direttamente on line. La Germania è la prima destinazione. Dopo la Brexit, scemano le partenze per Londra. Ma cio che impressiona di più è il numero degli italiani che hanno scelto una destinazione estera. Stando ai dati del ministero degli Esteri infatti, se si guarda agli ultimi cinque anni, la mobilità italiana è passata dai 3,1 milioni di iscritti nel 2006 agli oltre 5,1 milioni del 2018. La fotografia scattata nel 2018 parla di 5.114.469 di italiani residenti stabilmente all’estero sui quasi 60 milioni e mezzo censiti nella stessa data in Italia. E solo nell’ultimo anno la comunità di iscritti è aumentata di 140 mila persone (+2,8%). Alcuni sono italiani che nascono già all’estero, altri sono quelli che acquisiscono la cittadinanza, altri ancora (pochissimi) quelli che si trasferiscono da un comune all’altro nella nazione estera in cui già vivono. Molti però espatriano, per la precisione il 52,8%; questo significa che gli italiani che hanno scelto di trasferire stabilmente la loro residenza fuori dai confini nazionali sono 123.193.
Ma chi sono gli italiani che se ne vanno? Il 37,4 per cento ha un’età compresa tra i 18 e i 34anni, ma la tendenza registra un aumento dell’età: rispetto all’anno precedente c’è stato nel 2017 un aumento di quasi il 3 per cento di persone che hanno tra i 35 i 49 anni. E il trend da allora è tutto in aumento. La maggioranza degli espatriati (56%) si trova oggi in un eta’ compresa tra i 18 e i 44 anni, a cui si deve aggiungere un 19% di minorenni. Quest’ultimo dato è indicativo: la partenza di questi 24.570 minori (di cui il 16,6% ha meno di 14 anni e l’11,5% meno di 10 anni) significa infatti che a spostarsi sono interi nuclei familiari. Rispetto al passato, i nuovi italiani sono più istruiti: il 34,6 per cento ha la licenza media, il 34,8 è diplomato e il 30 è laureato. E come altri migranti, mandano i soldi a casa: le stime del 2016 parlano di sette miliardi di euro di rimesse dall’estero, circa mezzo punto di Pil. Cifra che non va a compensare l’investimento perduto, se si calcola che ogni dottore di ricerca che se ne va è costato allo Stato italiano circa 230 mila euro (un laureato 170 mila, un diplomato 90 mila).
A conferma che tra le ragioni della partenza possa esserci la ricerca di opportunità migliori di quelle offerte dal panorama nazionale c’è il dato geografico: sono le grandi aree metro- politane, quelle con forti o importanti strutture formative e professionali - dalle università alle grandi aziende - a produrre il maggior numero di «expat». Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza. Tra le Regioni in testa c’è la Lombardia, seguono Veneto, Sicilia, Emilia-Romagna e Liguria. Si va soprattutto in Europa, e poi in America (che significa anche America Latina, Brasile e Argentina in particolare). Il Paese che accoglie in assoluto più italiani è la Germania, che a inizio 2018 ha registrato 20.007 nuovi ingressi, seguono Regno Unito e Francia, rispettivamente a quota 18.517 e 12.870. L’effetto Brexit si è fatto sentire: le presenze sono precipitate nel Regno Unito del 25,2%, ma il dato è probabilmente dovuto anche alla mancata iscrizione all’Aire di tanti che non sanno se restare o fare ritorno a casa. A una minore attrattività della Gran Bretagna corrisponde un aumento di interesse nei confronti della Francia, che a dispetto di tutto, ha visto, più di tutte le altre nazioni, l’arrivo di giovani nuclei familiari provenienti dall’Italia. Tra i cambiamenti sostanziali c’è da registrare poi un aumento della fascia d’età di chi parte: + 20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35, 3% nella classe 65-74 anni; +78,6% dagli 85 anni in su. Molti, tra gli over 60, fanno parte della cosiddetta «emigrazione previdenziale», ovvero coloro che decidono di trascorrere la pensione in luoghi in cui le tasse e i costi della vita sono decisamente inferiori che in Italia; la testa della classifica è dominata come sempre dal Portogallo, che ha registrato un aumento del 140,4%, seguono Brasile (+32,0%), Spagna (+28,6%) e Irlanda (+24,0%). Questo il quadro. Dunque un Altra Italia sempre piu’ folta e varia. Connazionali di ogni eta’ educazione e censo sbarcano all’estero e ormai, non piu solo per “terre assaj luntane...”