Il popolo sovrano, come è noto, in Italia non ha mai avuto molta dimestichezza con i conti che riguardano il bilancio pubblico. La credenza, ovvero un’idea talmente radicata da avere un valore di verità assoluta, secondo cui la politica avrebbe il potere di creare risorse quasi dal nulla, è molto diffusa. Se così non fosse, in reazione alle recenti esternazioni dei principali attori del Governo giallo-verde in materia, si sarebbe manifestata una veemente e diffusa protesta di piazza. Invece, di fronte allo spettacolo indecente di politici e commentatori schierati che, proprio sui numeri, hanno alzato l’asticella delle balle spaziali, sembrano prevalere sbadigli e sguardi disinteressati.
In attesa del miracolo di una manovra espansiva pensata per espandere solo i consensi, è probabile che la maggior parte dei nostri concittadini aspettino di poter sperimentare sulla propria pelle alcune delle sue misure bellissime le quali, per stessa ammissione ufficiale del Governo, costeranno quasi il doppio rispetto a quanto esse realizzeranno in termini di crescita. Una sorta di paghi due e prendi uno, sotto forma di quota 100 e reddito di cittadinanza, che aumenterà la platea dei sussidiati di lungo corso e farà crescere il cosiddetto debito implicito previdenziale di circa 33 miliardi di euro. Ciò in forza del fatto che l’Inps, oltre a doversi sobbarcare in anticipo altri reggimenti di pensionati, perderà i contributi versati da questi ultimi, mentre ben poco potrà ricavare dai nuovi assunti di una staffetta generazionale che si preannuncia di ridottissime dimensioni.
Tuttavia, consci dell’italica avversione a far di conto, i geni al potere, in campagna elettorale permanente effettiva, fanno incessantemente la spola tra televisioni e manifestazioni pubbliche raccontando per sommi capi questa incredibile favola: per rimettere in equilibrio il bilancio occorrerebbe una cifra – se ci dice bene mi permetto di aggiungere – tra i 45 e i 50 miliardi, di cui solo 23 per non far scattare in estate le famigerate clausole di salvaguardia, ma garantiamo ai cittadini che l’Iva e le accise non aumenteranno e nessuna patrimoniale verrà mai realizzata. Inoltre terremo sotto controllo il deficit, cioè il disavanzo annuale, e il debito pubblico, lo spread non aumenterà e, come ciliegina sulla torta per festeggiare i gonzi e gli sprovveduti, cominceremo una drastica riforma del fisco attraverso la mitica flat tax, riducendo di qualche decina di miliardi il già traballante gettito tributario dello Stato.
Quindi, rispetto al “meno tasse e più spesa” che ha caratterizzato lo scontro politico durante l’intera Seconda Repubblica, gli artefici del cambiamento pentaleghista hanno inserito uno splendido “costo zero”, facendo la felicità dei politicisti più raffinati. D’altro canto l’idea che, solo in virtù della magia delle chiacchiere, si possano sovvertire i nessi causali che da sempre regolano le economie del mondo – della serie, più mi indebito e meno mi indebito, tutti prendono e nessuno paga – costituisce invero un cambiamento straordinario; tanto da apparire inconcepibile nella visione di noi comuni mortali.
Claudio Romiti