Si è affidato a Instagram il presidente del Consiglio Giuseppe Conte per spiegare il senso della partecipazione al grande progetto infrastrutturale della Via della Seta. Un’opportunità storica –scrive – per aprire nuovi mercati a favore delle nostre imprese, tessendo profonde relazioni commerciali che potranno produrre importanti opportunità di investimento. Su questa Via non passeranno solo beni e servizi: sarà infatti una "Via della Seta della Conoscenza", con l’obiettivo di "promuovere lo sviluppo e la prosperità per tutti i nostri popoli grazie alla connettività infrastrutturale, fisica e soprattutto umana".

Resta il fatto che l’Italia pur firmando un memorandum con molti caveat e molte prudenze (reciprocità, sostenibilità finanziaria e ambientale, tutela della proprietà intellettuale) si è differenziata troppo rispetto agli altri grandi Paesi Ue, sicuramente rispetto alla Germania che ha fatto finora lucrosi affari con la Cina senza alcun memorandum e con la Francia che ora sembra disposta a firmare ma con un cappello "europeo".

Per un Governo come quello giallo-verde che guarda l’Unione europea più come una minaccia che come un’opportunità non deve essere stata una grande spina nel fianco ma sicuramente le preoccupazioni espresse da Washington non possono essere trascurate. A conclusione dei lavori del secondo Forum sulla Belt and Road Intiative il presidente Xi Jinping ha offerto una cena di lavoro a Conte nel Palazzo del Popolo a riprova della grande considerazione e dell’apprezzamento che Pechino riserva per l’unico membro del G7 che con uno strappo alla solidarietà europea ed atlantica si è rivelato uno strumento indispensabile per l’offensiva non solo economica ma geopolitica cinese verso Occidente.

Nel suo intervento conclusivo il presidente cinese ha parlato di accordi di cooperazione per 64 miliardi di dollari firmati in occasione del secondo Forum. Tra i risultati "pratici" raggiunti grazie al Forum Xi Jinping ne ha elencati 283. Tra questi, due riguardano l’Italia, uno è l’accordo per la gestione dei Porti di Genova e Trieste (Maritime silk road port cooperation mechanism), l’altro è un’intesa tra la nostra Cassa depositi e prestiti e l’omologo istituto cinese per la creazione di un fondo di cooperazione industriale destinato a finanziare i progetti della Bri.

Il premier Conte ha spiegato che si tratta di un percorso avviato: "Alcuni contratti sono stati conclusi, altri solo prefigurati e altri ancora verranno". Nessun problema invece vede Conte per la visita di ieri dell’ambasciatore americano al porto di Genova (gli Stati Uniti erano molto preoccupati dall’accordo cinese) perché "con Trump ci sentiamo spesso e ci scriviamo e tra di noi c’è un rapporto di reciproca stima e amicizia". Domenica a Pechino, dopo avere incontrato il primo ministro cinese Conte ha presenziato alla firma di alcuni memorandum che riguardano l’Italia: uno è dell’Italgas che gestirà parte della rete del gas locale, un altro semplifica le norme fitosanitarie per le esportazioni dall’Italia di alcuni prodotti agroalimentari mentre in un museo verrà firmato l’accordo per la restituzione alla Cina di circa 700 reperti archeologici e di antiquariato cinesi trafugati dalla Cina e sequestrati dalle forze di polizia italiane nel corso di numerose operazioni in Italia.

"Abbiamo aperto una via – mette in chiaro Conte – partecipiamo alla via della Seta in questa prospettiva confidando in grandi opportunità economiche". I settori nei quali si stanno aprendo maggiori prospettive sono l’energia, le turbine e l’agroalimentare ma al secondo Forum l’Italia è arrivata a mani vuote anche perché durante la missione in Italia di marzo del presidente cinese erano già stati siglati accordi anche ingenti mentre il Forum era un "passaggio politico".

GERARDO PELOSI