A Conte premier l’altro giorno gli è venuta così, gli è venuto da dire con la massima spontaneità una cosa che di solito dicono i leader delle opposizioni e non dei governi. Santa spontaneità o meglio fretta, ansia di dire qualcosa che poi i giornalisti potessero raccontate con la classica frase "Conte getta acqua sul fuoco". (Andrebbe lanciata se non una petizione nazionale almeno un appello di categoria a calmierare l’uso di questa frase piena di nulla, non più di una volta a settimana per cronista politico). Ma insomma a Conte premier che gli è venuto da dire? Ecco: "Lo spread che sale è dovuto alla campagna elettorale".
Lo spread che sale non è una buona cosa. Lo dice anche Conte che vuole comunicare rassicurante che questa cosa cattiva, questo guaio, questo danno cesseranno non appena ciascuno avrà fatto il massimo bottino possibile di voti. Lo spread che sale è un danno e un guaio (averlo stabilmente a 250 punti invece che a 150 come era prima del Governo del Cambiamento è stato calcolato costi al contribuente quanto una reintroduzione dell’Imu sulla prima casa, non male per un governo che ama definirsi tagliatasse). Lo dice Conte, lo dice il capo del governo. Che aggiunge: passerà, il guaio e il danno passeranno. Non appena finisce la campagna elettorale.
Certo, certo, come no? Il guaio passerà perché arriverà "l’anno bellissimo" per l’economia e le tasche degli italiani che Conte premier era lì che lo stava facendo, se non arrivavano gli americani e i cinesi a litigare… Certo, certo, come no? Il secondo semestre dell’anno sarà ripresa, rimbalzone, salto in alto del Pil. L’ha detto Conte. Ma l’altro giorno gli è venuto di dire così, candido candido, che è la campagna elettorale a far danno e guaio. La campagna elettorale di chi? E di chi se non di Salvini e Di Maio? Praticamente la fanno solo loro. E comunque mercati, investitori e risparmiatori italiani e stranieri al momento tranquillamente se ne fregano di ciò che promettono o minacciano in campagna elettorale Zingaretti o Fratoianni.
La campagna elettorale che conta è quella di chi sta al governo e quindi decide e fa. E la campagna elettorale di Salvini è: me ne frego di star dentro col deficit e il debito, è la campagna elettorale del non pago. E la campagna elettorale di Di Maio è un neanche tanto sommesso: questi della Lega stanno dando di matto. E la campagna elettorale della Lega è: questi di M5S sono molesti e intollerabili. Una campagna elettorale che dice a chi guarda che l’Italia è un posto dove molti urlano, pochissimo si decide, magari si rivota e forse non si paga. Cioè, tra l’altro, spread. E che gli è venuto da dire a Conte premier? Che Salvini e Di Maio quando cercano voti e nel modo in cui li cercano, li evocano, li suscitano, li mobilitano, li invocano ed eccitano i voti, è allora che fanno danno. Danno collettivo.
Poi Conte ha aggiunto: tranquilli, tra un po’ smettono. Si chiama eterogenesi dei fini: Conte aveva il fine, l’obiettivo di spiegare a mercati e investitori e risparmiatori che la campagna elettorale porta guai che passano e che in fondo è tutta una finta, ha finito invece per dire a mercati, investitori e risparmiatori (anche elettori se volessero avere orecchie per sentire) che voti vengono cercati e trovati su promesse e minacce che fanno guai e danno. Se lo dice lui… ma guarda a Conte che gli è venuto di dire.
LUCIO FERO