L'idea di Silvio Berlusconi per il dopo Europee è un ponte tra Popolari e la destra nazionalista, da Salvini a Le Pen, che sabato ha affrontato a Milano la prova della piazza, magari usando come raccordo i Conservatori, che a Strasburgo attualmente sono il terzo gruppo. Pazienza se due grandi azionisti del Ppe, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e il tedesco Markus Soeder, leader della Csu (la gamba bavarese della Cdu di Angela Merkel) hanno già respinto la proposta al mittente quando a sollevarla erano stati, da Budapest, lo stesso Matteo Salvini e il primo ministro magiaro Viktor Orban. Altrettanto noto l'obiettivo del Cav sul fronte interno: strappare il Carroccio all'alleanza con il M5s e riproporre a livello nazionale la tradizionale alleanza di centrodestra che governa in tante Regioni italiane.
Sondaggi alla mano, i numeri ci sarebbero. Anzi, il margine sarebbe talmente largo, ben oltre il 40% necessario - con il Rosatellum - a governare in autonomia, che nella Lega e in Fratelli d'Italia in molti ritengono che, se il voto delle Europee li premierà, sarà proponibile una maggioranza sovranista che possa fare a meno di Forza Italia. Ciò che fino a ieri era una speranza è diventato improvvisamente un dato politico in seguito allo strappo, clamoroso, consumato da Giorgia Meloni in un'intervista al Messaggero rilasciata nel giorno della manifestazione napoletana del suo partito, che in Europa fa parte proprio della famiglia dei Conservatori. "L'unica alternativa possibile è una maggioranza FdI-Lega come c'è già in molte regioni. Anche perché, per quanto mi riguarda, ci sono molte, troppe cose che ci dividono da Forza Italia. A cominciare dall'Europa ma, soprattutto, Forza Italia continua ad ammiccare al Pd con cui è andata al voto assieme in Sicilia contro FdI e la Lega. Senza contare l'ipotesi Draghi appena prospettata", dice Meloni, "noi siamo pronti a governare in Europa e a costruire una maggioranza in Italia", dato che "un governo composto da noi e la Lega sarebbe una sintesi ideale perché portiamo avanti battaglie simili", assicura poi la leader di Fdi.
Si tratta di un cambio di registro notevole. Mentre, nei mesi scorsi, Salvini e Berlusconi si scambiavano frecciate e veleni, lei aveva sempre cercato di indossare le vesti della paciera, fedele alla vecchia formula del centrodestra, l'unica a non flrtare con altri "forni" (non avendone peraltro, va detto, la possibilità), che fossero i grillini o il Pd. Ma la campagna elettorale è tale per tutti. E la goccia che ha fatto traboccare il vaso è una: un antico ed estemporaneo tormentone berlusconiano che l'ex premier ha tirato di nuovo fuori ieri: offrire a Mario Draghi un posto nel governo. Certo, Berlusconi lo ha detto tante volte. Ma, ora che il mandato di Draghi alla presidenza della Bce sta scadendo, non sono più parole che si possano pronunciare con leggerezza. E, nella retorica sovranista, Draghi ha un posto di vertice nel pantheon dei "cattivi", insieme a Jean-Claude Juncker e all'immancabile George Soros. Una dichiarazione di poco successiva del democristiano Gianfranco Rotondi, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, ha già i toni del "Liberi tutti".
A indispettire Rotondi sono stati i fischi di alcuni presenti al raduno di Milano a sentir pronunciare il nome di Papa Francesco che, per la destra più intransigente, un posto nel pantheon di cui sopra lo ha pure. "Dopo gli attacchi milanesi a Papa Francesco, per noi democristiani non è più possibile nessuna alleanza politica con Salvini. Rimane l'apprezzamento per tutti i dirigenti e gli amministratori leghisti,a cominciare da Fontana e Zaia, fino ai tanti sindaci e parlamentari cattolici della Lega. Ma è onesto dire che dopo venticinque anni l'alleanza tra la Lega e noi democristiani di centrodestra è finita a Milano in piazza Duomo", dice Rotondi, "ieri l'esibizione di simboli religiosi e i fischi al Papa hanno composto un affresco di blasfemie e bestemmie inaccettabili per i cattolici".
Riportano la contesa su toni più concreti, ma non meno duri, due importanti esponenti di Forza Italia come Mara Carfagna e Anna Maria Bernini. "Lega e Fdi, concentrati sui sondaggi più che sul futuro del Paese, si assumono la responsabilità di demolire qual progetto e di consegnare l'Italia alle sinistre vecchie e nuove", afferma Carfagna, "chi oggi vuole demolire questo progetto, lavora per i nostri avversari e finirà per consegnare loro la guida del Paese per i prossimi 20 anni, condannandolo al declino economico e sociale e all'irrilevanza internazionale. Non mi sembra un progetto da statisti". Bernini parla invece di "menzogne spudorate": "La leader di Fratelli d'Italia oggi sostiene in un'intervista che l'unica alternativa possibile è una maggioranza tra Fdi e Lega 'come c'è già in molte regioni'. Ci dica dove, di grazia, visto che in tutte le regioni governate dal centrodestra senza Forza Italia non sarebbe possibile alcuna maggioranza. Ma la menzogna più grossa è che Forza Italia intenderebbe allearsi col Pd, mentre tutto, dico tutto il gruppo dirigente forzista ha liquidato l'episodio siciliano una scelta locale e irripetibile. Se Fdi dice mai più con Berlusconi sia conseguente, e faccia cadere le giunte regionali in cui governa con Forza Italia: non ne resterebbe in piedi nemmeno una".
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