Lo scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (Heart Failure with Preserved Ejection Fraction; HFpEF), è una complessa sindrome clinica caratterizzata dalla presenza di segni e sintomi dello scompenso cardiaco in presenza di una "frazione di eiezione" cardiaca – indicativa della percentuale di sangue emesso dal cuore ad ogni battito cardiaco – "normale" o "quasi normale". L’HFpEF rappresenta attualmente uno dei maggiori problemi di salute pubblica costituendo il 50% dei pazienti con scompenso cardiaco e a causa dell’invecchiamento generale della popolazione, è stimato che la sua frequenza continui a crescere nei prossimi anni. Attualmente non esistono terapie efficaci in grado di curare o rallentare la progressione della malattia a causa della scarsa conoscenza dei meccanismi alla base di tale comune e mortale sindrome.
In questo lavoro – pubblicato recentemente sulla prestigiosa rivista Nature – sono stati individuati alcuni dei meccanismi alla base di tale complessa sindrome. Utilizzando un approccio basato sia su modelli animali che su campioni di tessuto cardiaco umano da pazienti con HFpEF, i ricercatori della University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas – guidati dall’italiano Gabriele G. Schiattarella, cardiologo e ricercatore formatosi presso l’Università Federico II di Napoli – sono stati in grado di identificare nell’infiammazione e nella presenza di eccessiva produzione di radicali liberi dell’ossido nitrico, la causa principale dell’incompleto rilasciamento del muscolo cardiaco in tale sindrome. La presenza di comorbiditá come ipertensione arteriosa, obesità e diabete mellito in tali pazienti, è alla base della disfunzione delle cellule cardiache, che – spiega l’autore principale dello studio, il Dott. Schiattarella da Dallas – diventando più "rigide" non permettono al cuore di riempirsi adeguatamente.
La conoscenza dei meccanismi molecolari alla base dell’HFpEF – continua il Dott. Schiattarella –; rappresenta una delle sfide più importanti della ricerca cardiovascolare moderna. I nostri dati suggeriscono che l’eccessiva e inappropriata attivazione della proteina infiammatoria "iNOS" nelle cellule cardiache è alla base di tale sindrome. Pertanto, strategie terapeutiche mirate a ridurre l’infiammazione possono essere di estremo beneficio per i pazienti con HFpEF. Spero che i nostri risultati – conclude Schiattarella – possano contribuire ad aumentare l’interesse per ricerche finalizzate al chiarimento dei meccanismi fisiopatologici e allo sviluppo di nuove terapie per questa frequente e letale sindrome.
Matilde Gericke