Ieri ha compiuto un anno il governo M5s-Lega e, al soffio sulle candeline, non si può dire che goda proprio di ottima salute, scombussolato dal voto europeo che ha ribaltato i rapporti di forza tra i due azionisti della maggioranza.
Sessantacinquesimo della Repubblica, primo della XVIII legislatura, l'esecutivo di Giuseppe Conte è in carica a partire dal 1 giugno del 2018. La sua nascita, dopo 88 giorni di faticosa 'gestazione', è frutto della 'strana' alleanza tra due partiti che si erano presentati in contrapposizione alle politiche del 4 marzo, ottenendo il 32%, il Movimento 5 stelle, e il 17%, la Lega. Mentre, ora, con le elezioni europee di domenica, gli 'equilibri' si sono invertiti: oltre il 34% i voti ottenuti dal partito di Matteo Salvini e 17% quelli della formazione di Luigi Di Maio.
Di questo probabilmente si risentirà in futuro, quantomeno nella definizione dell'agenda. Se vi sarà un futuro e se l'esecutivo resisterà al 'terremoto' politico innescato dalla consultazione europea, che ha 'regalato' alla Lega il record storico di voti dalla sua fondazione, nel 1991, e al M5s il peggior risultato mai registrato su scala nazionale. Riguardandoli a ritroso, questi dodici mesi di governo si possono leggere sostanzialmente individuando tre fasi. Tutte comunque caratterizzate dalla centralità del leader leghista - considerato il vero protagonista della stagione politica attuale - oltre che da un clima di grande litigiosità tra alleati.
Il ruolo di Mattarella - In una prima fase, di 'rodaggio', è apparso ai commentatori molto presente, seppure da dietro le quinte, il presidente della Repubblica in sostegno alle decisioni del presidente del Consiglio, avvocato di professione 'prestato' alla politica. Come è avvenuto, per esempio a luglio, quando si è resa necessaria una telefonata di Sergio Mattarella a Conte per 'sbrogliare' il caso della Diciotti e portare allo sbarco dei migranti che si trovavano sulla nave.
Il crollo del ponte di Genova - I mesi estivi dell'estate scorsa sono stati segnati anche dal crollo del Ponte Morandi, a Genova. Forte segnale del consenso che il 'governo del cambiamento' cominciava a ridiscutere tra la gente è stato il lungo applauso tributato ai vice premier Salvini e Di Maio in occasione del funerale delle vittime.
La stretta su sicurezza e migranti - L'autunno è stato caratterizzato, nella prima parte, dall'approvazione della legge su sicurezza e immigrazione voluta da Salvini. Il ministro dell'Interno ha disposto la riforma del sistema di accoglienza che ha portato al superamento dello Sprar e alla riduzione dei fondi, mentre continuava la cosiddetta politica dei 'porti chiusi' ovvero il blocco dell'arrivo delle navi Ong che avevano soccorso i migranti.
La battaglia con Bruxelles sulla manovra - Ma la parte 'calda' dell'autunno, come ogni anno e per ogni governo, è stata occupata dalla preparazione e dall'approvazione della manovra e delle due misure bandiera, il reddito di cittadinanza, per i 5 stelle, e 'quota 100' sulle pensioni, per la Lega. A settembre, ha fatto scalpore l'esultanza di Di Maio, al termine del Consiglio dei ministri in cui M5s e Lega avevano trovato l'accordo sul Def (fissando l'obiettivo di deficit/Pil al 2,4%). Affacciato al balcone di Palazzo Chigi, con gli altri ministri del Movimento 5 Stelle, il vicepremier ha festeggiato di fronte a un gruppo di parlamentari pentastellati, con bandiere e striscioni, in piazza Colonna. "Oggi aboliamo la povertà", ha scandito il capo politico dei 5 stelle.
Si rafforza il ruolo di Conte - In coincidenza con la discussione della legge di bilancio potrebbe essere identificata una 'fase due' dell'esecutivo, durante la quale, nella lunga e difficile trattativa con la Commissione europea per la definizione degli obiettivi della manovra, il presidente del Consiglio è riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista. Spesso, prima di allora, messo in ombra dai suoi due 'ingombranti' vice, Conte ha evitato la procedura di infrazione da parte dell'Ue, negoziando un obiettivo di rapporto deficit/Pil per il 2019 pari al 2,04% (e quindi rivisto rispetto al 2,4% iniziale).
Campagna elettorale a suon di attacchi - Dopo l'ok alla legge di bilancio, era atteso un momento di relativa 'pace' tra alleati. Ma da gennaio è partita l'offensiva del M5s - fase tre - che ha cercato di reagire alla predominanza di Salvini e ha sostanzialmente avviato la campagna elettorale in vista delle Europee del 26 maggio. Con l'ultimo mese particolarmente cruento, con quotidiani e feroci duelli tra alleati al limite dell'insulto. In un panorama in cui le elezioni amministrative, a cadenza regolare, hanno contribuito ad agitare gli animi (con la Lega che a livello locale ha mantenuto la fedeltà alla vecchia coalizione di centrodestra con FI e FdI) sono stati diversi i momenti di alta tensione interna alla maggioranza. Tra i più gravi si può citare il cosiddetto caso della 'manina', ovvero quando Di Maio, a ottobre, ha accusato i leghisti di aver cambiato di nascosto (appunto con una 'manina') il decreto fiscale, introducendo un condono avverso al Movimento. Le fratture si sono sempre, anche se a fatica e in vertici lunghi e complicati, sempre rimarginate e i senatori 5 stelle si sono addirittura schierati a difesa di Salvini, arrivando, per la prima volta nella storia del Movimento, a votare contro una richiesta di autorizzazione a procedere (contro il ministro dell'Interno, accusato di sequestro aggravato di persona nel caso della nave Diciotti).
I casi Tav e Siri - Due, infine, i nodi più drammatici: la Tav e il caso Siri. In entrambi i casi, la Lega si è spinta ad accusare il presidente del Consiglio di "non essere più super partes" (copyright di Giancarlo Giorgetti). Sull'Alta velocità Torino-Lione, il premier ha avviato una interlocuzione con la Francia per ridiscutere il progetto dopo gli esiti negativi dell'indagine costi-benefici commissionata dal Mit del pentastellato Danilo Toninelli. Ma è sulla 'cacciata' del leghista Armando Siri che si è consumato lo strappo più profondo, a pochi giorni dal voto europeo. I Cinque stelle hanno disposto subito il ritiro delle deleghe al sottosegretario alle Infrastrutture, accusato di corruzione nell'ambito di un'indagine sull'eolico. E, dopo una ventina di giorni di liti e scontri, il premier ha proposto la revoca del suo incarico e la sua uscita dal governo nel corso di un Consiglio dei ministri rovente, in cui la titolare della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno ha re-indossato i panni dell'avvocato per difendere il collega di governo.
FEDERICA VALENTI