Un’isola di rifiuti di plastica galleggia tra la Corsica e l’Elba, nella parte alta del Mar Tirreno. Si tratta di una vera e propria barriera lunga alcune decine di chilometri composta da bottigliette, bicchieri, cannucce, sacchetti e cotton fioc. L’allarme arriva da François Galgani, biologo e responsabile dell’Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer (Ifremer) di Bastia, in Corsica, e conferma quanto già evidenziato alcuni anni fa uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
In superficie si vede solo il 15 per cento della massa di rifiuti che forma quest’isola, che si sposta in base alle correnti ma resta comunque in questa zona, santuario dei cetacei, che però sempre più spesso vengono ritrovati morti lungo le spiagge italiane con lo stomaco pieno di plastica. Di tutti questi rifiuti, oltre la metà è rappresentato da oggetti monouso: in questo senso la direttiva europea che li mette al bando di sicuro potrà essere di aiuto.
In molti Comuni dell’Isola d’Elba è già realtà da tempo. Ma questo, purtroppo, non cambia la situazione esistente. Se la plastica inquina i mari il problema non riguarda solo chi sul mare vive, perché in mare i rifiuti arrivano anche dai fiumi: circa l’80% dei rifiuti censiti sulle spiagge italiane arriva proprio da qui. Un dato che dovrebbe farci riflettere sul fatto che la cura dei mari comincia dai nostri comportamenti a terra.
Se ci sono 179.023 particelle di microplastiche disperse in media ogni chilometro quadrato, come hanno rilevato gli studi Ispra e di 15 Arpa costiere italiane, la colpa è in primo luogo dei fiumi. Tra le aree monitorate 64 spiagge, 289 stazioni di profondità, la superficie marina e 150 esemplari di tartarughe spiaggiate (il 68% aveva ingerito plastica).