Sprechi, tagli, inefficienze e cure essenziali non garantite a tutti e, di contro, l’aumento di fondi integrativi per ammortizzare la spesa privata per la salute. Sono questi i quattro fattori che, secondo la fondazione Gimbe stanno "facendo cadere a pezzi il Servizio Sanitario Nazionale". L’immagine è impietosa e preoccupante e per avere un’idea della situazione basta partire dai numeri: "Nel periodo 2010-2019 sono stati sottratti al Ssn 37 miliardi - precisa il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta - e, parallelamente, l’incremento del fabbisogno sanitario nazionale è cresciuto di quasi 9 miliardi", con una differenza, quindi, di 28 miliardi.
Inutile sperare nel futuro: il DEF 2019 ha previsto una riduzione del rapporto spesa sanitaria/ PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e 6,4% nel 2022, mentre l’aumento di 8,5 mld in tre anni previsto dalla Legge di Bilancio 2019 è subordinato alle "ardite previsioni di crescita". Questo finanziamento pubblico, si legge ancora nel rapporto, "tra i più bassi in Europa, convive paradossalmente con il paniere di Livelli essenziali di Assistenza (Lea) più ampio, garantito però solo sulla carta", aggiunge Cartabellotta. L’elenco dei Lea, ovvero le prestazioni sanitarie che andrebbero garantite ai cittadini su tutto il territorio nazionale, hanno urgente bisogno, prosegue il presidente della Fondazione Gimbe, di "un consistente sfoltimento delle prestazioni, basato su evidenze scientifiche e princìpi di costo-efficacia per mettere fine ad un paradosso inaccettabile".
Il presidente di Gimbe è lapidario: "Davanti al lento e progressivo sgretolamento della più grande opera pubblica mai costruita in Italia negli ultimi dieci anni nessun Esecutivo ha mai avuto il coraggio di mettere la sanità pubblica al centro dell’agenda politica". Si è continuato invece a considerarla "come un mero capitolo di spesa pubblica da saccheggiare, e non una leva di sviluppo economico da sostenere". Alla presentazione del rapporto era presente la ministra Giulia Grillo che ha parlato di "fondi certi" e non "balletti di cifre" per finanziare il Servizio Sanitario nazionale altrimenti è "impossibile fare programmazione sanitaria". Troppe volte, ha continuato la ministra, "sulla nostra pelle abbiamo subito balletti di cifre, cambiano ogni anno tra legge di bilancio, Def, aggiornamento al Def".