La parola che riassume e descrive il risultato di queste elezioni amministrative è "riequilibrio". I ballottaggi di domenica hanno confermato la tendenza che era emersa già al primo turno: il centrosinistra (PD e alleati) nel complesso ha perso molte amministrazioni, mentre ne ha guadagnate altrettante il centrodestra (Lega, FI, FDI e alleati). Ma ciò non ha comportato un’inversione dei rapporti di forza a favore di quest’ultimo: al contrario, è il centrosinistra a risultare ancora in vantaggio, controllando il maggior numero di comuni superiori – cioè con più di 15 mila abitanti – andati al voto in questa occasione (112 su 221). Il motivo è presto detto: le amministrazioni uscenti, elette in gran parte nel 2014 (nei giorni del 40,8% del PD renziano alle elezioni europee) erano in stragrande maggioranza governate dal centrosinistra. Ecco perché si è assistito a un riequilibrio: ora il centrodestra governa in 85 comuni, contro i 39 dello scenario di partenza.
Partiamo dal bilancio dei ballottaggi che si sono svolti domenica. Nei comuni capoluogo, la situazione era – proprio come a livello generale – molto sbilanciata verso il centrosinistra: 9 comuni erano amministrati da PD e alleati, contro i 4 governati dal centrodestra e i 2 dal Movimento 5 Stelle. Il centrodestra ha strappato Biella, Ferrara, Forlì e Vercelli al centrosinistra, portandosi a quota 9. Il centrosinistra ha invece sottratto Rovigo al centrodestra e Livorno al M5S. Quest’ultimo ha perso in entrambi i comuni che amministrava (oltre a Livorno, Avellino) ma ha conquistato Campobasso, che in precedenza aveva un sindaco di centrosinistra. Piccola nota su Avellino: nonostante il nostro conteggio lo classifichi come "civico", è probabilmente più corretto ascrivere il nuovo sindaco Gianluca Festa al centrosinistra, nonostante abbia sconfitto al ballottaggio proprio il candidato "ufficiale" del PD, Luca Cipriano. Le vittorie simboliche del centrodestra in comuni capoluogo come Ferrara e Forlì sono un brutto colpo per il PD, che però con il segretario Zingaretti vede il bicchiere mezzo pieno di una "tenuta" complessiva e di un bipolarismo di tipo "classico" (centrodestra vs centrosinistra) che anche quest’anno – quantomeno a livello di elezioni comunali – si conferma più vivo che mai.
Se tracciamo un bilancio delle elezioni amministrative in tutti i comuni superiori che si sono concluse con i ballottaggi, vediamo che anche qui la situazione si è molto riequilibrata: il centrosinistra controlla ora 112 comuni (contro i 149 della vigilia), il centrodestra 85 (39 alla vigilia). Discreto il bilancio dei candidati civici, che vincono molti più comuni al ballottaggio (15) di quanti ne avessero vinti al primo turno (8) in ragione di una maggior capacità di intercettare i voti in modo "trasversale". Una caratteristica che appartiene anche al Movimento 5 Stelle, anche questa volta confermatosi una "macchina da ballottaggio" nell’unico caso in cui un suo candidato è arrivato al secondo turno: parliamo di Campobasso (capoluogo del Molise) dove Roberto Gravina ha battuto con il 69% la candidata di centrodestra Maria Domenica D’Alessandro (31%). Ma il bilancio, per il M5S, non può certo dirsi soddisfacente: con l’unica eccezione di Campobasso, infatti, si trova completamente tagliato fuori dalle sfide per i comuni, il livello amministrativo da cui partì la scalata del movimento fondato da Beppe Grillo verso la ribalta politica nazionale.
Molti erano gli occhi puntati sui (tanti) comuni al voto in quelle che per molti sono le sole "regioni rosse" rimaste: Emilia-Romagna e Toscana. A maggior ragione perché nella prima si voterà per le Regionali il prossimo novembre, mentre la seconda voterà nel 2020 con un nuovo sistema elettorale che prevede (unica tra le Regioni) un ballottaggio tra i due candidati più votati se nessuno ottiene almeno il 40% dei voti, un meccanismo che potrebbe regalare delle sorprese. Ebbene, l’analisi del bilancio a livello regionale ci dice che – nonostante un saldo negativo in entrambe le Regioni – il centrosinistra conserva un buon vantaggio, quantomeno in termini di amministrazioni controllate: in Emilia-Romagna PD e alleati hanno vinto in 28 comuni superiori contro i 6 del centrodestra; ancora meglio, per il partito di Zingaretti, va in Toscana, con 30 comuni vinti contro i soli 5 del centrodestra.
Ma lo stesso tipo di analisi ci dice che il centrosinistra fa registrare un saldo molto negativo nei comuni della Lombardia (dove nel complesso perde 10 comuni e perde il confronto col centrodestra per 19 a 14), del Veneto (saldo di -8 e vittoria netta del centrodestra per 13 comuni vinti contro 4) e del Piemonte (anche qui -8 per il centrosinistra e vittoria di misura del centrodestra: 9 comuni vinti contro 8). Come abbiamo visto, non è facile individuare un vincitore certo: se i numeri assoluti ci dicono che il centrosinistra ha vinto in un numero di comuni superiore rispetto al centrodestra, è però quest’ultimo a far registrare di gran lunga il miglior saldo rispetto alla situazione della vigilia. I comuni superiori in cui si è votato, peraltro, costituivano un insieme leggermente più favorevole al centrosinistra rispetto alla media nazionale, come ci rivela il voto delle Europee di due settimane fa: nei 221 comuni considerati, il 26 maggio scorso la Lega aveva ottenuto "solo" il 31,7% (contro il 34,2% nazionale) mentre il Partito Democratico aveva fatto meglio della media, con il 26,1% (a fronte del 22,7% nazionale). Il M5S, invece, aveva preso in questi comuni quasi esattamente la stessa percentuale ottenuta sul piano nazionale (17,0%).
Se invece guardiamo alle tendenze di lungo periodo, notiamo come quella di quest’anno sia la terza tornata consecutiva di elezioni amministrative in cui il centrosinistra fa registrare un pesante arretramento rispetto alla situazione di partenza: nel 2017 PD e alleati persero 23 comuni superiori su un totale di 86 in cui governava prima del voto; lo scorso anno il bilancio fu ancora più severo (-31 su 57 amministrati, più della metà); quest’anno, infine, le perdite sono pari a più di un comune su 4 (-41 su 153 uscenti). La tendenza è certamente favorevole al centrodestra, anche se, con i voti ottenuti alle Europee (circa il 50%) la coalizione Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia poteva ambire ad un risultato persino migliore. È però decisamente troppo presto per dire se si tratta di una battuta d’arresto per la coalizione guidata – ormai, de facto – dalla Lega salviniana.
Un ultimo cenno va fatto in relazione all’affluenza, crollata rispetto al primo turno. Ai ballottaggi di domenica hanno votato infatti solo il 52,1% degli aventi diritto, contro il 68,2% registrato negli stessi comuni al primo turno. Non si tratta di un calo sorprendente, dal momento che nel nostro Paese alle amministrative esiste una tendenza storica a votare di meno al secondo turno che al primo: ciò è dovuto in buona parte al rifiuto, da parte degli elettori dei candidati esclusi al primo turno, di scegliere per uno dei due candidati più votati. Ma non c’è solo questo: due settimane fa, infatti, si era votato anche per le Europee, che potrebbero certamente aver "dato un impulso" alla partecipazione che domenica non poteva esserci. Tutto finito, dunque? Non ci saranno più elezioni fino alle Regionali di novembre? Tutt’altro: già domenica prossima, infatti, si voterà per le amministrative in 28 comuni della Sardegna (che, in quanto Regione a statuto speciale, ha potuto fissare una data in autonomia rispetto alle altre Regioni). Occhi puntati su Cagliari – capoluogo regionale – e su Sassari, le due città maggiori della Sardegna. Sarà un ultimo, importante test prima della pausa estiva.