Giacomo Rizzolatti è il padre della teoria dei neuroni specchio definita da molti come la scoperta neurobiologica più importante del novecento. Si tratta di una particolare classe di neuroni che ci aiuta a comprendere l’altro attivandosi quando una persona compie un’azione ma anche quando la vede fare.
Permettono, dunque, di capire subito quel che fanno gli altri. Così come è stato dimostrato in un famoso esperimento del 1996, questo meccanismo ci consente di sviluppare il linguaggio verbale, l’empatia e la capacità di imparare velocemente tramite l’imitazione. Ha parlato di tutto questo e tanto altro ancora il noto neuroscienziato italiano durante la sua visita a Montevideo organizzata dall’Ambasciata italiana e dalla rete italiana dei ricercatori e professori in Uruguay nell’ambito del programma di cooperazione scientifica e tecnologica tra i due paesi.
Presso la sede strapiena del Ministerio de Educación y Cultura (Mec), si è svolto il primo dei due appuntamenti della visita uruguaiana di Rizzolatti, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, membro dell’Academia Europæa e vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali. Preceduta dai saluti dell’ambasciatore italiano Gianni Piccato e del ministro María Julia Muñoz, la conferenza è stata moderata da Juan Carlos Valle Lisboa, professore della Facoltà di Psicologia dell’Università della Repubblica (Udelar) e ha visto la partecipazione di altri due relatori: Pablo Torterolo, professore del dipartimento di fisiologia della Facoltà di Medicina dell’Udelar e Gabriela Garrido, professoressa di neuropsichiatria infantile della Facoltà di Medicina dell’Udelar.
Intervistato da Gente d’Italia al termine del suo intervento, Rizzolatti ha spiegato che i neuroni specchio rappresentano un "meccanismo generale presente in moltissime specie animali e che ci fa riconoscere gli altri in base a un modello interno che noi abbiamo dentro". Riconoscere le emozioni "è per noi innato mentre per altre cose si imparano" ha detto citando una serie di esempi che hanno a che fare con lo sport a partire dal tennis ma non solo: "Se una persona sa giocare a tennis capisce subito che Federer o Nadal sono dei grandi campioni. Si può dire la stessa cosa per il calcio o altri sport".
Uno dei passaggi più interessanti del discorso tenuto dal neuroscienziato riguarda il concetto di empatia e le sue ripercussioni nella società. Un caso molto studiato è stato quello della Germania nazista, emblema delle dittature in grado di generare consenso tra la popolazione. Secondo la definizione classica che ne da la neuroscienza, "l’empatia consiste nell’essere nello stesso stato dell’altro". Tuttavia, come ha osservato Rizzolatti, "l’empatia può essere però controllata e bloccata in determinati contesti come nel lavoro quotidiano del poliziotto o del chirurgo". Ecco perché alcune dittature come quella nazista "hanno giocato sulla capacità di inibire l’empatia sulla popolazione".
Dopo la conferenza del Mec, Giacomo Rizzolatti è stato protagonista di un secondo appuntamento a Montevideo con una cerimonia speciale presso la sede dell’Università della Repubblica che lo ha omaggiato con la laurea a honoris causa. Così come hanno argomentato i ricercatori dell’Udelar Leonel Gómez e Francesco Rossi, "Rizzolatti è l’autore principale di una straordinaria scoperta -una delle più importanti della storia della neurobiologia- di cui si discute poco. Ancora oggi, in diversi laboratori del mondo, si continua a studiare il sistema dei neuroni specchio per comprendere al meglio questo processo”.