Il sottosegretario all’editoria Vito Crimi – l’uomo che ha sdoganato definitivamente Cesare Lombroso – non sarà bello ma in compenso è ignorante, o lo era, nel senso che ignorava che il sostegno pubblico all’editoria non è un fenomeno prettamente italiano: ma ora lo sa, perché il suo "Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio" ha commissionato un apposito studio (presentato in occasione degli Stati generali dell’editoria) dal quale Crimi assai probabilmente si aspettava risultati piuttosto diversi.
Invece guarda che cosa viene fuori: che non solo i principali paesi europei finanziano bellamente l’editoria, ma lo fanno più di quanto si faccia o si sia fatto in Italia. Stiamo parlando, ovviamente, di spesa pro capite e di incidenza sul prodotto interno lordo. Eh già, perché gli esiti dello studio dimostrano proprio il contrario di quanto la propaganda grillina ha raccontato per tanti, tanti anni. Vediamo i dati, che sono tanti e interessanti.
I Paesi del Nord Europa, per esempio, vantano notoriamente un reddito pro capite elevato e hanno una buona propensione alla lettura oltreché un alto livello medio dei titoli di studio: quindi verrebbe da credere che non dovrebbero avere problemi di diffusione e vendita di giornali. Sbagliato. Sono ai primi posti assoluti nella classifica della spesa per i sostegni diretti all'editoria. Numeri: prima la Danimarca con 9,54 euro pro capite, Norvegia 6,80 e Svezia 5,40. E l’Italia? Al penultimo posto con 1,11 euro, seguita solo dall'Austria con 1,01 euro. In Austria, però, fioccano contributi per la formazione dei giornalisti emergenti, per le spese salariali degli inviati all'estero e per il rimborso per le copie concesse gratis alle scuole. Insomma, siamo ultimi. Poi – è lo stesso studio a dimostrarlo – i dati bisogna saperli leggere. Il Regno Unito non prevede alcuna forma di sostegno diretto all'editoria, ma con le misure indirette spende più di tutti: 1,8 miliardi di euro, l’anno legati perlopiù all'esenzione dell’Iva (totale) sulle vendite di giornali e riviste e libri. La Francia, che in genere viene citata come attenta ai sostegni all'editoria, come spesa legata al Pil è in realtà vicinissima all'Italia, con una incidenza percentuale dello 0,028 per cento contro il nostro 0,025.
Niente. Prima di proseguire, ai grillini che dovessero dubitare delle cifre, ripetiamo che fonte è grillina, oltreché istituzionale. A smentire precedenti asserzioni e provvedimenti di Vito Crimi è Vito Crimi. Dunque proseguiamo coi dati. Contribuiti diretti all'editoria per spesa pro capite: prima la Danimarca con 9,54 euro l´anno, sono cioè i soldi che ogni singolo cittadino paga in tal senso. In tutto sono 54,8 milioni di euro. Secondo posto: Norvegia con 6,80 euro pro capite. Terza la Svezia 5,40 euro l’anno. La Francia spende un sacco di soldi complessivi (escluso il contributo all’Agenzia France Presse) ma spalmati su 66 milioni di cittadini fanno solo 1,81 euro pro capite. Finlandia: 1,45 euro di spesa pro capite. Italia – eccoci - penultima con 66,5 milioni di euro diretti che corrispondono a una spesa pro capite di 1,11 euro. Ultima sarebbe l’Austria con 1,01, ma abbiamo già detto. La classifica, come pure detto, cambia se l’ammontare complessivo della spesa (diretta e indiretta) viene rapportata al prodotto interno lordo. Primo: Regno Unito con 1,83 miliardi complessivi (compresa l’Iva nel settore editoriale) con un’incidenza sul Pil dello 0,083 per cento. Poi Danimarca con un’incidenza dello 0,045 per 121,77 milioni complessivi (compresa l’Iva ed escluse le tariffe postali agevolate). Terzo posto: Svezia con 159,83 milioni di euro e un’incidenza sul Pil dello 0,035, praticamente in linea con la Norvegia. Francia: 616,66 milioni di euro e un’incidenza sul Pil dello 0,028% (escluse agevolazioni, esenzioni fiscali e tariffe postali agevolate). Finlandia: 56,99 milioni di euro e un’incidenza dello 0,027. Italia: 406,3 milioni di euro e un’incidenza sul Pil dello 0,025 per cento, compresa l’Iva nel settore editoriale. Austria: 76,82 milioni incidenza dello 0,022. Pausa di riflessione.
Si può notare che tutti i Paesi esaminati prevedono l’intervento indiretto dell’Iva agevolata e molti anche le tariffe agevolate per la distribuzione dei giornali. Inoltre, e indipendentemente dal reddito di una popolazione e dalla sua scolarizzazione (che in genere è correlata alla propensione alla lettura) ci sono un sacco di interventi a sostegno dell’innovazione tecnologica e formativa nonché alla difesa delle aree deboli: tipo minoranze linguistiche e stampa locale. Di dati ce ne sono ancora moltissimi: troppi per pubblicarli tutti. Confidiamo che la Presidenza del Consiglio li pubblichi sul proprio sito istituzionale, e che vi dia lo stesso spazio dedicato in precedenza all'emendamento dei grillini che vietava l’accesso ai fondi per l’editoria a circa una ventina di testate diversissime tra loro (l’Avvenire, il manifesto, Libero tra queste) e che curiosamente non erano mai state tenere coi grillini medesimi. Avvertenza: i dati del Rapporto partono da una ricerca aggiornata del Reuters Institute for the Study of Journalism – University of Oxford del 2011 completata appunto dal Dipartimento editoria della Presidenza del Consiglio con la collaborazione delle ambasciate dei vari Paesi.
Politicamente, le nostre più sentite congratulazioni a Vito Crimi per l'auto-pestone...