Emergono nuovi particolari inquietanti sulla clamorosa e apparentemente annunciata fuga del boss della ‘ndrangheta Rocco Morabito, evaso dal carcere "Central" di Montevideo domenica sera dove era recluso in attesa di essere estradato in Italia. Insieme a lui sono riusciti a scappare altri tre detenuti: Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga, Matías Sebastián Acosta González e Bruno Ezequiel Díaz.
Erano tutti in attesa dell’estradizione, i primi due in Brasile, il terzo in Argentina dove era stato condannato per omicidio. Incredibilmente, il piano era stato già scoperto un anno fa dall’intelligence carceraria ma venne ignorato dalle autorità penitenziarie in base a un documento svelato dall’emittente Vtv Noticias datato 6 giugno 2018. L’informativa, presentata dal Departamento de Investigación y Análisis Penitenciario, lanciava l’allarme sulla possibile fuga del detenuto italiano dando anche tutti i dettagli: sarebbe uscito dal sesto piano della prigione passando sul tetto di un supermercato e da lì sarebbe entrato in un appartamento confinante con il recinto del penitenziario.
Eccetto il passaggio dal tetto del supermercato, è accaduto esattamente quello che gli 007 avevano previsto: l’evasione è avvenuta intorno alle 23.30 di domenica sera grazie a un tunnel scavato che ha consentito ai criminali di arrivare sul tetto del carcere. Da lì i quattro si sono calati sul balcone dell’appartamento della signora Elida Ituarte, sollevando una persiana.
Come è potuto succedere questo pasticcio? Perché l’allarme dall’intelligence lanciato un anno fa venne ignorato? E poi ancora, chi ha aiutato uno dei trafficanti di droga più ricercati al mondo a scappare da un carcere situato nel pieno centro di Montevideo? Domande a cui cercherà di rispondere il Ministero dell’Interno uruguaiano che ha appena aperto un’indagine come ha raccontato la direttrice del carcere "Central" Mary González al portale Ecos. Contemporaneamente è partita anche una doppia indagine dei pubblici ministeri Rodrigo Morosoli e Ricardo Lackner.
Al primo il compito di scovare i fuggitivi e portarli alla giustizia, al secondo l’arduo incarico di stabilire se ci sia stata corruzione nella vicenda e se tutte le precauzioni siano state effettivamente prese a cominciare proprio dall’informativa ignorata dei servizi segreti. Il governo italiano chiede chiarezza. Dopo le pesanti dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha parlato apertamente di un fatto "sconcertante e grave" su cui dovrà rispondere il governo uruguaiano adesso anche il ministro degli Esteri prende ufficialmente posizione: "Dopo la sconcertante evasione di Rocco Morabito, in carcere a Montevideo in attesa di estradizione, ho chiesto alle autorità dell’Uruguay spiegazioni sull’accaduto e massimo impegno nelle ricerche" ha detto il ministro Enzo Moavero secondo quanto si legge in un tweet della Farnesina.
Secondo quanto scritto dal Corriere della Sera, la missione del governo sarà accertare se l’azione bilaterale -le mosse di Montevideo, d’accordo, ma anche quelle della nostra diplomazia in Uruguay - sia stata pressante ed efficace oppure abbia pagato dazio a manovre di melina". Insomma come è stato gestito il caso Morabito dopo l’arresto avvenuto a Montevideo nel settembre del 2017 dopo ben 23 anni di latitanza? È stato fatto tutto nei tempi giusti oppure ci sono stati dei ritardi?
Lo scorso marzo, ricordiamo, un tribunale penale d’Appello uruguaiano ne aveva autorizzato l’estradizione dopo una lunga battaglia legale su cui però non era ancora stata scritta la parola fine. Cosa ha fatto l'ambasciata a Montevideo per "allertare" la polizia penitenziaria ad avere bun "occhio particolare" sul un detenuto cosí importante? Sulla vicenda è intervenuto da Roma anche il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho che ha dichiarato: "Morabito ci doveva essere consegnato già da marzo. L’autorità giudiziaria aveva deciso l’estradizione ma i ritardi gli hanno evidentemente consentito la fuga. È un fatto gravissimo che si consenta a criminali del livello di Morabito di trovare ancora una volta la libertà".
Il procuratore antimafia ha poi aggiunto che la la fuga del boss condannato dalla giustizia italiana per associazione mafiosa e traffico di cocaina dal Sud America, "fa credere che qualunque forma di illegalità può essere sempre attuata avendo tanti soldi. Questo è il peggior messaggio che possa essere diffuso soprattutto in paesi in cui si tenta di rinnovare anche il modello costituzionale, giurisdizionale e politico". Da Cafiero è stato espresso l’auspicio "che riescano a raggiungere il risultato di catturarlo anche per restituire credibilità a quelle istituzioni".
di Matteo Forciniti