Definitivamente, le donne fanno perdere la testa a Matteo Salvini. Reazione non sorprendente in un uomo, se si tratta di amore. In questo caso si parla invece di tutt’altro. Dopo mesi al Governo infatti il vigoroso (e per favore non prendete questo aggettivo come un doppio senso) vicepremier, che ha girato ripetutamente tutta Italia e ritorno, e ha incrociato Facebook live, foto e dichiarazioni con la metà della popolazione maschile di suoi avversari, usando come arma letale l’ironia dei "bacioni", appena si è palesato un avversario politico in gonnella ha sbroccato. Certo non era un avversario da poco – era nientemeno una tedesca (ahi!), che esercitava il ruolo del Capitano, cioè lo stesso che dall’epoca di Schettino solo Salvini è riuscito a riscattare. Sfida non da poco, insomma. Ma la reazione è stata davvero innovativa nel suo linguaggio.
Archiviato il bacione e le ironie, è passato a "pirata", "criminale", per finire in quell’appassionato vaffa che rimarrà nella nostra memoria come la sintesi di questa vicenda: "Questa sbruffoncella mi ha rotto le palle", una frase che ha il sapore dei postriboli dei porti intorno al mondo. È stato interessante, al momento, ascoltare quello strappo nella tela del discorso pubblico del vicepremier. Tenendo conto della galanteria dell’uomo, dei mazzi di fiori promessi a giornaliste, e delle multiple glorificate attività da papà di una figlia femmina, la volgarità è sembrata un inciampo, o forse (proviamo a dirlo alla Morisi?) solo un po’ di sana rottura con la correttezza politica. Una cosa che lo avvicinerebbe al popolo, secondo gli schemi della attuale propaganda politica. Cose insomma che Salvini fa per ottenere consenso. Alla fine però Carola era una, immaginiamoci dunque cosa deve essere scattato nella sua testa quando sul suo tavolo ministeriale gliene sono arrivate 33 mila.
Tante sarebbero le donne italiane in fuga dalla violenza, secondo il primo censimento nazionale dei centri antiviolenza, per i quali il Governo avrebbe dovuto oggi annunciare un programma di assistenza economica, per iniziativa di Vincenzo Spadafora, sottosegretario pentastellato alla presidenza del Consiglio con delega alle Pari Opportunità, e della ministra della Giustizia, in area Lega, Giulia Bongiorno. Tutte e 33mila sono cadute sul tavolo del vicepremier quando Spadafora ha avuto una idea balzana per tempi come questi: annunciare l’appuntamento dicendo una verità: "L’Italia vive una pericolosa deriva sessista. Come facciamo a contrastare la violenza sulle donne, se gli insulti alle donne arrivano proprio dalla politica, anzi dai suoi esponenti più importanti?"; e tanto per essere chiaro ha parlato proprio di Carola e del vicepremier: "L’ha definita criminale, pirata, sbruffoncella. Parole, quelle di Salvini, che hanno aperto la scia dell’odio maschilista contro la Capitana, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social".
Ora, sarà perché l’intervista di Spadafora è stata data a un giornale, La Repubblica, che fa storcere il naso al leghista, o sarà perché, diamine, essere chiamato in causa per 33 mila donne è un po’ tanto, certo è che il vicepremier ha di nuovo perso la testa – e neanche la presenza dell’unica donna in ruolo pubblico che Salvini ammira, Giulia Bongiorno, lo ha trattenuto. Per cui, dopo aver risposto nei mesi scorsi con buffetti a schiaffoni dei 5 stelle, e dopo aver predicato la calma in risposta alle critiche di colleghi ministri su temi molto più divisivi come la Tav, i porti chiusi, il Sud o l’Autonomia, ecco che per Spadafora sgancia l’atomica chiedendone le dimissioni: "Cosa sta a fare il sottosegretario? Sta al Governo con un pericoloso razzista e maschilista? Fossi in lui mi dimetterei"... "Non ritenendomi un razzista e un maschilista non ho nulla da rispondere a scemate del genere. Se mi ritiene così brutto si dimetta e faccia altro nella vita. Ci sono delle ong che lo aspettano".
Insomma, nessuno si permetta di difendere una donna. In termini di governo, pare questo finora l’unico punto su cui il Capitano traccia la sua linea rossa. La sua zona demilitarizzata. Ora è in corso il solito blablaismo con cui questo Governo consuma i suoi inutili giorni. I leghisti come un solo uomo, e con il rinforzo di qualche donna, hanno sposato subito la posizione dell’amato leader. I pentastellati si sono, al solito, spaccati, come sempre più spesso succede quando parla Salvini, fra silenzi e tentativi di calmare le acque. A fine giornata il copione ha preso la solita piega, con la solita conferenza stampa in cui Salvini ha derubricato il tutto al solito incidente di percorso e ritirato la sua richiesta di dimissioni del sottosegretario Spadafora. Peccato. Ci sarebbe piaciuto sentire la motivazione ufficiale per le dimissioni: sarebbero state "per aver accusato il vicepremier di sessuofobia"? E peccato perché stavolta il percorso non può davvero chiudersi qui. Dalla rappacificazione finale viene infatti espulsa la ragione stessa della querelle: le donne.
Spadafora ha detto una verità pesante per il Governo: ha puntato l’attenzione sulle responsabilità dei discorsi pubblici dei suoi uomini. Si può fare un’efficace lotta a difesa delle donne, dei loro diritti, della loro forza pubblica, oltre che della loro debolezza come vittime, se l’uomo più forte dell’Esecutivo apre la porta all’odio sessista? Ricordiamo qui, ancora una volta, che dal fiume di parole di Matteo Salvini in questi mesi mai è emersa una difesa, netta, pulita, indiscutibile, della necessità di porre limiti al linguaggio sguaiato dell’odio. Non lo ha fatto nel caso di donne con ruolo politico, come Laura Boldrini, e non lo ha fatto in momenti cruciali del dibattito pubblico. Quando Carola Rackete scendeva dalla nave le veniva urlato "ti devono stuprare i tuoi amici neri".
Ancora oggi mi domando se non sia parte del ruolo del Ministro dell’Interno porre un limite alle pratiche di violenza pubblica verbale, a pratiche di aggressione a un genere, a un individuo, a una comunità. Non è forse parte del Ministero dell’Interno evitare la creazione di un clima di non conflittualità sociale? Così come nella polemica odierna: solo perché Lega e 5 stelle hanno bisogno di continuare a governare insieme, possiamo chiudere come un incidente le critiche emerse? Archiviando quello di Spadafora a "un’intervista" come ha fatto Di Maio, ad esempio, si mette da parte anche la ragione delle critiche, cioè il diritto delle donne ad essere non umiliate. Le 33 mila in fuga dalla violenza, di violenza ne hanno incontrata un’altra. Le donne, dicevamo, fanno perdere la testa a Salvini. Per precisione, si tratta solo delle donne che non la pensano come lui, o che non condividono il suo modello di partecipazione. Di sicuro nelle sue rabbiose reazioni ribolle un modello straordinariamente burbero, impaziente, dominante dell’Io dell’uomo. In questa sottile, ma enorme sfasatura rispetto al reale, si cela una grande debolezza di questo leader.
Lucia Annunziata