Flat tax ma solo marginale. L’ultima versione della tassa piatta, uguale (quasi) per tutti, presenta due caratteristiche: aliquota al 15%, applicata solo all’aumento del reddito. La bandiera sarebbe piantata, l’impatto sui conti pubblici limitato. Quando se ne cominciò a parlare, ai tempi di Renzi, la flat tax era al 25% e entrava in una complessa riforma tributaria, messa a fuoco da Nicola Rossi e altri economisti. Sono passati 2 anni, al Governo c’è anche la Lega, che della flat tax ha fatto uno dei suoi punti d’onore. Solo che la vuole al 15%.
Gli effetti sui conti pubblici sono previsti devastanti. La polemica infuria ma la Lega insiste. L’ultima versione è descritta da Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera. Si prevede un approccio graduale, con un primo scalino nel 2020. Con una aliquota del 15% che si applichi solo sui redditi incrementali. Lorenzo Salvia spiega con un esempio: "Se il signor Mario ha denunciato nel 2019 un reddito di 40 mila euro lordi e nel 2020 ne denuncia uno di 50 mila euro lordi, la Flat tax si applicherebbe solo su quei 10 mila euro in più che denuncia nel 2020. Il signor Mario risparmierebbe, naturalmente a patto di avere una dichiarazione dei redditi più alta rispetto all’anno precedente: perché senza la Flat tax incrementale su quei 10 mila euro in più pagherebbe molte più tasse, non il 15% ma il 38%". In euro: ne pagherebbe 1.500 invece di 3.800. Fanno un risparmio di 2.300, non male.
Ciascuno può calcolarsi da solo quanto pagherebbe in meno di tasse. Basta moltiplicare il previsto aumento di retribuzione o guadagni per 38 e per 15, la differenza divisa per cento è il risparmio. Disegnata così, commenta Salvia, la prima tappa della Flat tax avrebbe un impatto contenuto sui conti pubblici: "I sostenitori di questa ipotesi dicono che così la prima tappa della Flat tax sarebbe a costo zero. In realtà, nella prossima legge di Bilancio andrebbe comunque trovata una copertura di circa 2 miliardi di euro. La motivazione è tecnica, ma vale la pena di seguirla. Per il prossimo anno il governo prevede una crescita del Pil pari allo 0,7%. Questa crescita avrebbe una ricaduta anche sulle dichiarazioni dei redditi, che dovrebbero salire in parallelo. Su questo aumento di reddito, senza modifiche alla legge, si pagherebbero le aliquote oggi previste, come il 38% del signor Mario. Tagliarle al 15% significherebbe far entrare meno soldi nelle casse dello Stato".
I due miliardi, appunto, che mancherebbero all’appello. Sempre meno dei 10 previsti in partenza. E sempre nel caso che i due miliardi messi in circolo non abbiano, come invece si spera, un effetto positivo sui consumi e a cascata sulla crescita dell’economia e delle entrate fiscali. A suo tempo Bush tagliò le tasse, dissero che era un regalo ai ricchi. Ma quando Obama diventò presidente si guardò bene da alzare le aliquote. Gli effetti sull’economia americana sono sotto gli occhi di tutti.
Sergio Carli