Entrare con quote di minoranza nelle compagnie con cui si stringono joint venture non per comandare ma per dividere ricavi e costi, fare sinergie, accordi commerciali, ottimizzare le risorse. Questa la strategia del colosso dei cieli americano Delta che le ha permesso di diventare tra le maggiori compagnie mondiali e che pochi giorni fa ha chiuso il secondo trimestre con un utile di 1,44 miliardi di dollari, in crescita del 39%. Delta prenderà parte al consorzio insieme a Fs, Mef e Atlantia nel rilancio di Alitalia.
Analizzando la strategia che ha adottato finora a livello globale si nota che c'è coerenza e un modus operandi sempre uguale. Coniugare una partnership di tipo industriale a una partecipazione di minoranza nelle compagnie con cui si stringe l'alleanza, con una presenza nel Cda. È il caso della trans-Atlantic con Air France-Klm e Alitalia a cui piu di recente si è aggiunta Virgin Atlantic di cui Delta ha acquistato il 49% e Air France-Klm il 31%. O la joint venture con la messicana Aeromexico di cui detiene il 49% per trarre i maggiori vantaggi dall'intenso traffico aereo che c'è tra Stati Uniti e Messico.
Caso simile è quello della partnership con la brasiliana Gol di cui Delta ha acquistato una partecipazione del 10%. C'è poi la partecipazione intorno al 4% in China Eastern con la quale ha rilevato il 20% di Air France (il 10% ciascuno). Si creano contratti stringenti, le compagnie restano separate ma tutto viene coordinato dai prezzi, alle salette lounge negli aeroporti, alle miglia che i clienti possono accumulare. Società separate ma che agiscono sui mercati come se fossero fuse.
Ci sono rigidi meccanismi di ripartizione degli utili. Per cui vengono a cadere le obiezioni secondo cui ad Alitalia non converrebbe l'alleanza con Delta per via della remuneratività delle rotte americane. Anzi, vale l'esatto contrario. Il problema di Alitalia finora è stato proprio quello di essere una compagnia troppo piccola. Vedremo se la presenza di Delta riuscirà farla volare anche a livello finanziario.