In Italia la crisi del commercio non accenna a finire: dopo la debole 'ripresina' degli anni scorsi, infatti, è tornata a frenare la spesa delle famiglie. Se non ci saranno inversioni di tendenza, il 2019 si chiuderà con una flessione del -0,4% delle vendite, per oltre 1 mld di euro in meno sul 2018: il risultato peggiore degli ultimi 4 anni. A stimarlo è una nota di Confesercenti che calcola come già siano 32mila i negozi in meno rispetto al 2011.
Una "emorragia che ha bruciato almeno 3 miliardi di euro di investimenti delle imprese" mentre nel 2019 si apprestano a sparire altre 5mila attività commerciali, al ritmo di 14 al giorno. A pesare, si legge nel Report Confesercenti, è sopratutto il mancato recupero della spesa delle famiglie italiane, che sono oggi costrette a spendere annualmente 2.530 euro in meno del 2011. Una sofferenza questa non limitata alle sole aree più povere del paese: le famiglie lombarde infatti hanno ridotto i loro consumi del 3,5%, quelle venete del 4,4%, poco meno di quanto avvenuto in Calabria, dove la contrazione è stata del 4,8%. Lo stop della spesa ha inoltre portato ad riorientamento delle scelte di consumo verso quei canali, dice ancora Confcommercio, "dove più esasperata è la concorrenza di prezzo, come web e outlet. L'impatto sul commercio è stato devastante. Ormai quasi un'attività commerciale indipendente su due chiude i battenti entro i tre anni di vita", annota ancora.
''Le difficoltà del commercio, in particolare dei piccoli, sembrano ormai strutturali. C'è bisogno di un intervento urgente per fronteggiarla: chiederemo al governo di aprire un tavolo di crisi'', spiega Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. ''Se si pensa che, in media, ogni piccolo negozio che chiude crea due disoccupati, è chiaro che ci troviamo di fronte ad una crisi aziendale gravissima, anche se nessuno sembra accorgersene. Persino il commercio su aree pubbliche è in difficoltà, messo a terra da un caos normativo che ha accelerato la marginalizzazione dei mercati e il dilagare dell'abusivismo". E non è un problema dei soli commercianti: "gli effetti collaterali della crisi del settore si estendono anche alla dimensione sociale e urbana. La tradizionale rete di vendita aiuta a dare identità ad un luogo e rende maggiormente attrattive le aree urbane. Per le quali il commercio è un settore economicamente significativo, che contribuisce a produrre reddito locale ed occupazione'', aggiunge.
''È necessaria un'azione organica, ad ampio spettro, per restituire capacità di spesa alle famiglie e per accompagnare la rete commerciale nella transizione al digitale, creando le condizioni per una leale competizione con il canale Web'', continua De Luise. ''Serve formazione continua per gli imprenditori, ma anche sostegno agli investimenti innovativi ed un riequilibrio fiscale che consenta una concorrenza alla pari tra offline e online. Apprezziamo le iniziative di confronto con le parti sociali annunciate dal governo: siamo pronti a fornire il nostro contributo sotto il profilo dell'analisi e dei possibili interventi", prosegue De Luise. Per questo, chiede Confesercenti, siamo in attesa degli incontri con le parti sociali proposti dal Governo, che riteniamo "positivi ed utili": l'auspicio, però, conclude il presidente di Confesercenti, "è che si tratti di incontri sostanziali e non formali. Le nostre emergenze sono concrete e ci attendiamo risposte concrete''.