Regna ancora il silenzio più assoluto in Uruguay sul caso dei pensionati italiani schedati dopo la denuncia di Gente d’Italia pubblicata un mese fa. I dati personali di migliaia di connazionali circolano da anni liberamente senza alcun controllo: nome, cognome, indirizzo, data di nascita, quantità di denaro da riscuotere dalla pensione dell’Inps eccetera.
Scotiabank, la banca incaricata di pagare i pensionati in Uruguay, ogni mese trasmette queste informazioni via mail a tutti i patronati operanti nel paese: una chiara e gravissima violazione della privacy che va avanti da tanto tempo con l’approvazione tacita delle istituzioni italiane. Non è facile trovare persone disposte a parlare tra coloro che figurano nella lista incriminata.
"Siamo rimasti stupefatti" dice una coppia che chiede di mantenere l’anonimato. "Non ce la sentiamo di lottare contro i mulini a vento su una violazione della privacy così palese. Preferiamo che siano eventualmente le strutture diplomatiche ad emettere un’opinione". Donato Pasquale, vicepresidente dell’Associazione Calabrese, appare del tutto rassegnato. "Sì, è una violazione della privacy" ammette precisando subito dopo: "Noi non possiamo farci niente. Capisco chi protesta ma le cose non cambieranno perché non credo che interverrà nessuno. Che sappiano pure quel poco che prendo, non sono milioni. Personalmente ho fiducia nel mio patronato e questo mi basta". Non la pensano tutti così.
Tra i più indignati c’è Maurizio Bassan, milanese residente a Salto, che dice di essere a conoscenza della situazione e di aver tentato anche di fare qualcosa in passato: "Sapevo dell’esistenza di questa lista e ho cercato di fare qualcosa per denunciarla dove ho potuto. Ho informato l’Inps in Italia, ne ho parlato con Renato Palermo (coordinatore del patronato Inca), l’ho scritto anche sui social per quanto non mi piace molto usarli ma non è cambiato niente. È inutile fare la denuncia alla polizia uruguaiana perché il problema è altrove". Oltre al fatto in sé della violazione dei dati personali, Bassan appare più indignato per la complicità che hanno dimostrato in questa vicenda le istituzioni italiane.
"La cosa peggiore" -afferma amaramente- "è il silenzio dell’Ambasciata che tollera questo illecito fatto alle spalle dei cittadini. Sappiamo che vivendo all’estero noi abbiamo dei limiti rispetto a chi vive in Italia ma così è francamente troppo. In Italia questa cosa sarebbe uno scandalo, qui invece nessuno dice niente. Anche su questo punto però non mi sorprendo perché conosciamo ormai la gestione di questo ambasciatore che non fa nulla a tutela dei cittadini. Io non sono rassegnato, mi limito a prenderne atto: in Uruguay funziona così".
I dati personali fanno gola a molti, gli interessi che si potrebbero nascondere dietro sono davvero notevoli. Bassan lo dice chiaramente: "Avendo a disposizione questi dati è facilissimo falsificare il voto. Un sistema che è già di per sé inquinato e manipolabile e lo sanno tutti. Io solo a Salto l’ultima volta ho restituito una ventina di plichi elettorali. Qualcuno dovrebbe intervenire anche per difendere quel minimo di trasparenza che resta al voto estero". "Siamo messi davvero male".
Dopo una vita d’impegno nella collettività, quando sente parlare dell’Italia Raffaele Grompone è deluso, è triste. Poche parole ma tanta amarezza in lui: "Tutti dovrebbero essere indignati per questa grave violazione della privacy. È una vergogna, non è possibile. Questa storia dimostra per l’ennesima volta che l’Italia in Uruguay è ridotta malissimo. Abbiamo perso tutto. Non contiamo nulla, è un fallimento totale".
Grompone ha lavorato fino a una decina di anni fa al patronato Acli di Montevideo ma assicura di non aver mai visto la lista di Scotiabank. "Sinceramente sono sorpreso. Non ne capisco l’utilità, anzi vedo solo il pericolo che questi dati possano servire a molti specialmente nel periodo elettorale. Il comportamento dell’Ambasciata è addirittura peggiore perché non può permettere che questo accada. Occorre intervenire al più presto".
di Matteo Forciniti