Sbrigativo il commento popolare. Sbrigativa, chissà se superficiale o profonda, la valutazione degli abitanti di due paesi sulla costa orientale della Sardegna. "Ringraziamo Matteo Salvini e il suo linguaggio fascista". Parole da strada, forse. Però pesanti, pronunciate in calce a due attentati in Sardegna. Prese di mira, in due paesi distanti pochi chilometri, una sede del Partito Democratico a Dorgali e l’auto del sindaco a Cardedu. "Atti vigliacchi, gesti criminali e deprecabili", li definisce il governatore della Sardegna, Christian Salinas, Psd’Az-Lega. All’improvviso, o forse no, è ripresa la stagione degli attentati in Sardegna. Un ordigno confezionato con una bombola di gas Gpl e un innesco è esploso alle due di notte nella sede Pd a Dorgali, nella centralissima via Lamarmora. Nessun ferito, però notevoli danni alla struttura. Indagano i carabinieri della compagnia di Siniscola e i Vigili del Fuoco. I risultati saranno riferiti al magistrato titolare dell’indagine. Gli inquirenti riferiscono che l’esplosione causata dalla bombola Gpl ha divelto finestre e tapparelle. Gravi i danni all’edificio, nessuno alle persone. Un’auto in sosta nelle vicinanze colpita da cemento e altro materiale.
Pesante il commento del segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti. "Se fosse confermato l’atto doloso, saremmo di fronte a un gravissimo attacco. Lo definiremmo un’intimidazione, l’ennesima ai danni di una nostra struttura. Sicurezza vuol dire prevenire, non avvelenare i pozzi. Come avviene ai nostri danni sempre con maggiore frequenza". Il Pd sparge sospetti, non ancora denunce specifiche. Sollecita gli inquirenti a fare completa luce sull’episodio. "Un attentato doloso in piena regola", come tale lo identifica la segretaria del circolo Pd di Dorgali, Valentina Schirru. "Il destinatario è certo, non esistono dubbi. All’esterno della palazzina c’è la targa, ci sono i manifesti. Mai ricevuto intimidazioni. Dobbiamo capire perché è successo". La palazzina costruita da volontari è la sede storica ereditata dal Partito Comunista Italiano. È frequentata soprattutto nei periodi elettorali. Deserta ovviamente a quell’ora, le due della notte, la centralissima via Lamarmora, gli inquirenti non dispongono di testimonianze dirette. Tantomeno possono contare sulla denuncia di eventuali precedenti intimidazioni destinate a esponenti o simpatizzanti del Partito Democratico.
A pochi chilometri di distanza, un po’ più a sud, a Cardedu, nel mirino di ignoti attentatori è finito il primo cittadino. L’ingegnere Matteo Piras, quarant’anni, una compagna e un figlio. Esponente di spicco della lista civica, è stato eletto sindaco nel 2016. Parcheggiata davanti casa, la sua auto Audi Ad è stata data alle fiamme. Incendiata. Mani ignote l’hanno letteralmente distrutta. Un catorcio che ha sprigionato fumo nero per ore. Matteo Piras è tra l’altro anche un componente del consiglio regionale di Anci Sardegna. "Lavorare come amministratore in questi paesi sta diventando difficile", l’amaro commento del sindaco di Cardedu, da sempre in prima linea nella lotta alla criminalità e a favore della collettività. "Gli atti intimidatori contro gli amministratori sono ormai diventati una norma. Arrivano da ogni lato". Una denuncia pesante, questa. La fotografia di una situazione che definire insostenibile è esercizio di puro eufemismo. Siamo davvero al limite, gente. Siamo rovinati. Sotto alcuni aspetti, l’Italia è alla deriva. "Va bè, cambieremo macchine", la butta per un attimo in ironia il sindaco bersaglio dell’attentato vigliacco. "Un gesto assurdo, ma non mi arrendo, vado avanti". Parole coraggiose, il primo cittadino non intende arretrare di un centimetro. "La democrazia non può finire con questi attentati. Altrimenti vorrebbe dire rassegnarsi a vivere nella giungla". La spiegazione dell’attentato? Il sindaco Piras non è nella condizione immediata di agitare sospetti. Anche se è costretto a convivere con le intimidazioni, alla luce del ruolo, del posto, delle problematiche che il territorio ha insite in sé.
A Cardedu si vocifera di presunti screzi a livello locale. Problemi quotidiani, contrasti con persone interessate nel campo degli appalti. Solo voci, però. Mancano le conferme, e poi non c’è tanta gente disposta a mettere in piazza sensazioni, impressioni, informazioni. Rivendicazioni nessuna, per ora. "Vivo in mezzo ai miei concittadini. Mai avuto problemi veri con nessuno di loro. Altrimenti mi avrebbero potuto fermare in strada e avremmo chiarito". A Cardedu, questo va detto, è tuttora in corso il piano urbanistico comunale relativo ai lavori del post-alluvione di Gairo. Il paese vicino diventato fantasma, cancellato, in seguito all’alluvione del 1961. A Cardedu, poi, la scuola è stata dichiarata inagibile a dicembre e sgomberata. Sulla struttura costruita in parte su un canale sono stati effettuati interventi di consolidamento e ristrutturazione: installati piloni lesionati. Lavori importanti, costosi, evidentemente appetiti da parte di chi punta a fare soldi con gli appalti. Lavori da un milione e 700mila euro con contributo della Regione Sardegna. Il dieci per cento è a carico del Comune. Potrebbe essere questo, l’appetito di prepotenti criminali, il motivo che ha spinto gli attentatori al gesto vigliacco. Facciamogliela vedere al sindaco, intanto incendiamogli l’auto, vediamo se funziona. In questa zona del Nuorese è tornata in campo l’intimidazione. Urgono risposte immediate, in coro da uomini forti e inquirenti ispirati. Che in Italia sono un popolo.
Franco Esposito