Birra prodotta in Toscana, una boutade o che cosa? Work in progress, una realtà che promette di straripare e di conquistare il mercato nazionale. Birra prodotta in Toscana, a Prato e anche a Siena, ora. Non lontano da piazza del Campo, dove il luppolo cresce spontaneamente.
Mai si può? Certo che sì, dopo la scoperta di un volontario dell’Associazione delle Mura. Il progetto con valenza scientifica acquisisce sviluppo e sostanza grazie alla collaborazione dell’Università di Siena. Una interessante iniziativa, meritevole di grande attenzione. Qua la mano, gente. In stato avanzato, avanzatissimo, il progetto prevede lo studio di piante autoctone cresciute in maniera spontanea, da cui è stata ricavata con successo la birra.
"Buonissima", assicurano i contradaioli della Giraffa, orgogliosi e arcicontenti. Le piante vengono confrontate con quelle piantate ex novo, da cui vengono raccolti i frutti. Sono sistemate sotto le Mura, sul lato appunto della Giraffa. In zona cosiddetta pomposamente delle Valli Verdi. Il progetto gode dell’assistenza e della competenza di Massimo Negri, professore dell’ateneo senese. L’intento è portare avanti gli studi sui luppoli coltivati e su quelli selvatici che nascono spontaneamente nella valle di Follonica, non lontana ma neppure vicina. Singolare indubbiamente, l’iniziativa presenta i connotati di una sicura bellezza. Affidata al lavoro volontario, intanto da un terreno semiabbandonato è nato un piccolo sogno.
La birra di Siena, chiara, con il luppolo senese, prodotta con l’aiuto della birreria "La Diana", a sua volta produttrice con un suo impianto di una birra artigianale. La nuova birra senese ha incontrato grande successo durante la festa nella contrada del Leocorno. Il bis nella Giraffa. Il progetto è di fare qualcosa di più col sostegno dell’Università. Sotto forma della creazione di nuove zone di coltivazione da sostenere con canne di bambù che crescono nella valle. Intanto, all’area autoctona se ne è aggiunta un’altra, otto le piante nuove. Il luppolo già maturo è stato raccolto; quello autoctono lo sarà fra un mese e mezzo.
La stranezza – un’autentica singolarità – è rappresentata dal fatto che questa pianta cresce ovunque, preferendo però latitudini più settentrionali. Il primo raccolto è stato di due chili. Messi sotto vuoto e surgelati. Una ineludibile esigenza per assicurare la conservazione dell’incredibile profumo del luppolo. Più a nord, la birra di Prato. La città del tessuto che diventa la città del malto e del luppolo. Prato ospita infatti una decina di birrifici, aperti al ritmo di uno l’anno. Il primo nel 2003. Producono con impianti propri. Un fenomeno locale che acquisisce grande rilevanza anno dopo anno. La quantità c’è, non ancora il livello di qualità però. La crescita del numero di birrifici dovrà corrispondere nel tempo al livello qualitativo.
Attualmente l’offerta di birra pratese non è proprio il massimo intanto dal punto di vista organizzativo. Ma la situazione è piena evoluzione, sotto la spinta degli organizzatori del Villaggio della birra di Buoncovento e del maggiore esperto di birre belghe, Lorenzo Dabone, in arte Kouaska, giudice internazionali di concorsi relativi alla birra artigianale. "Si è cresciuti più in numero che in qualità media. Diventa a questo punto fondamentale la formazione tecnica attraverso il dialogo con birrai più esperti per fare rete". Gli esperti auspicano interventi sul territorio e nell’ambito della comunicazione. Un binomio indissolubile per produrre birra di qualità e costante nel tempo.
La ricetta giusta potrebbe essere questa: idee innovative, rispetto della tradizione e un’efficace strategia comunicativa. Finora i produttori birrai di Prato si era soffermati su questi particolari; ora promettono di affidarsi a questo indirizzo. Ovvero, muoversi assieme, solleticare la curiosità della concorrenza, non aspettare di essere invitati alle manifestazioni, ma proporsi con continuità. Proporsi e proporre, con convinzione, che il proprio prodotto valga e debba essere promozionato in maniera adeguata. Fatto conoscere la maggior numero di persone. I fermenti ci sono e un po’ tutti si stanno convincendo che la produzione meriti maggiore attenzione e tempo a disposizione. Sembrava una così così, l’iniziativa di un gruppo di patiti un tantino matti, invece sta diventando una cosa molto seria. La birra in Toscana, tra Siena e Prato.
di FRANCO ESPOSITO