Gente d'Italia

Il lazzaretto della politica

Chi si sta confrontando con chi, nella crisi più pazza del mondo? Già, perché le bandierine con i simboli di partito presenti nelle schede elettorali poco hanno a che vedere con i contenuti reali del potere politico, i cui rapporti di forza interni restano di matrice feudale.

Dai pacchetti di tessere di democristiana memoria (la cui storia e radici sono ancora ben salde nella mentalità di "ex", come Renzi, Gentiloni, Franceschini, etc.), si è passati a quelli di blocco costituiti dalle maggioranze relative all'interno dei gruppi parlamentari, telecomandati da centrali esterne tipo Rousseau-Casaleggio, o da capi bastone dei partiti stessi, come ex segretari, che grazie ai due terzi della quota proporzionale sono riusciti a sistemare in Parlamento i loro fedelissimi, dettando legge per la formazione delle relative liste elettorali "bloccate".

Coloro che oggi temono l'ircocervo di un Governo Pd-M5S e gridano allo scandalo (soprattutto da destra), dovrebbero fare "mea culpa" ricordandosi delle innumerevoli volte in cui hanno minacciato e implorato più volte la Lega di... "staccare la spina" al Movimento Cinque Stelle. Come mai nella foga dell'invito all'abiura, non ci si è resi conto che morto un papa (di governo) se ne sarebbe fatto un altro, soprattutto laddove in effetti esisteva già da prima in Parlamento una maggioranza alternativa Pd-M5S (il famoso "doppio forno"), abortita sul nascere proprio per l'improvvido "niet" televisivo dell'allora Segretario del Pd, Renzi?

Per di più, l'anomalia delle liste bloccate ha promosso al rango di deputati e senatori molte persone giovani senza arte né parte, che "tengono famiglia e mutuo" come si diceva una volta, disposte a tutto pur di non andare a casa. Vediamo ora in dettaglio questa distribuzione reale dei.. feudi partitici, quali: il PdR, Partito di Renzi; Dc 2.0, il feudo politico di Gentiloni-Calenda, mentre la sigla Pd vale per quello residuale di Zingaretti; Lega 2.0, quella monolitica di Salvini.

All'interno di M5S è opportuno distinguere il Partito di Di Maio, quello di Di Battista e il terzo di Grillo-Casaleggio. Restano invariati i feudi coesi di Fratelli d'Italia, Forza Italia e le rappresentanze della sinistra disunita (SD). Bene, quello che vediamo all'opera dopo le elezioni di marzo 2018 sono esattamente tutte le interazioni possibili tra questa decina di feudatari-attori, che utilizzano nelle loro lotte politiche, all'interno come all'esterno, tutta una serie di strumenti poco sofisticati, che prediligono l'invettiva e i proclami in pochi caratteri sui social media in cui le dichiarazioni solenni si sovrappongono e si contraddicono l'una con l'altra nello spazio di un mattino!

A questi ultimi aspetti si associa tutto un paniere di azioni che fanno leva sull'anatema della classica politica a-progettuale, in cui "Il Nemico" (in passato Berlusconi e oggi Salvini per il Pd, mentre solo ieri per M5S i nemici giurati erano Renzi, Boschi e tutto il Pd di Bibbiano) e la sua indispensabile esistenza coprono un terribile vuoto di idee e forniscono l'alibi per mantenere in piedi un sistema irriformabile, popolato da demoni totalitari che gli stessi Partiti dominanti (conservatori e progressisti) hanno contribuito a creare, come la globalizzazione e le frontiere aperte all'immigrazione.

Come si stanno ricombinando e in che modo convergono nel breve-medio periodo le componenti suddette? In estrema sintesi, è in atto una rincorsa spietata e senza esclusione di colpi tra Dc 2.0 e PdR per contendersi un'ampia area di consenso liberal-democratico con una formazione politica nuova di zecca. I resti del Pd zingarettiano puntano invece a consolidare l'area socialdemocratica riassorbendo la SD e attraendo verso di se, in un anello più esterno, sia la componente governativista di Di Maio che quella "nazarenista" di Fi. Di Battista invece graviterebbe verso l'area di influenza sovranista e populista della Lega 2.0, ben deciso a sostenere una battaglia di posizione con Bruxelles e antieuro. In questa dinamica, Grillo-Casaleggio e le aree più decisamente a destra e a sinistra dello schieramento politico italiano sono inevitabilmente destinate a perdere terreno.

In fondo, il diktat piddino odierno sulla "centralità del Parlamento" equivale a una pietra tombale su Rousseau e, quindi, sulla fantomatica "democrazia diretta"! Chi vivrà, vedrà (naturalmente!).

MAURIZIO GUAITOLI

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