Nella settimana segnata dall’approvazione definitiva della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari (da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato), i nostri sondaggi confermano i trend emersi nelle ultime settimane. In particolare, si riscontra nuovamente una tendenza in calo per la Lega – e non di entità irrilevante: meno 0,7% – e per Più Europa; specularmente, fanno segnare un dato in crescita sia Fratelli d’Italia (+0,5%) che Italia Viva, il nuovo partito di Matteo Renzi. Da segnalare come non sia solo la Lega a calare: calano anche i due principali partiti che compongono la maggioranza di governo, ossia il Partito Democratico (che scende sotto il 20%: l’ultima volta era avvenuto a marzo, prima di ricominciare a crescere dopo l’elezione a segretario di Nicola Zingaretti) e il Movimento 5 Stelle (anch’esso al suo peggior dato dal dopo Europee).
Continua, come si diceva, la crescita di Fratelli d’Italia, ormai prossima a toccare quota 8% e sempre più davanti a Forza Italia. Italia Viva guadagna ancora qualcosina: il nuovo soggetto renziano sta crescendo al ritmo dello 0,2% a settimana, ma essendo ormai passati molti giorni dal suo lancio (e dalla conseguente "attenzione" mediatica ad esso riservata) sembra si possa escludere che vi sarà una crescita verso risultati a due cifre, quantomeno nel breve periodo. Vediamo ora i dati aggregati per schieramenti: l’area di governo (PDM5S-IV-LeU) continua ad essere molto vicina all’area di centrodestra (Lega-FDI-FI), anche se sotto di un punto esatto: 45,8% contro 46,8%.
Quello che abbiamo visto è, peraltro, un dato estremamente simile a quello rilevato dal sondaggio Quorum/YouTrend per SkyTG24 qualche settimana fa: a una domanda diretta su quale "coalizione" avrebbero votato, i rispondenti si sono divisi tra quella giallo-rossa (46,2%) e quella di centrodestra (47,2%). Anche qui, la distanza è minima (1%) e soprattutto si tratta di un dato in tutto e per tutto simile alla somma aritmetica delle liste che compongono le – ipotetiche, almeno finora – coalizioni. Ma è anche un dato che torna utile per stimare quale potrebbe essere la competitività di un’alleanza pre-elettorale tra centrosinistra e M5S in caso di elezioni politiche anticipate in cui si voti con il Rosatellum, o con qualunque legge elettorale che preveda coalizioni pre-elettorali. Ed è proprio questo uno degli scenari che abbiamo "testato" all’indomani dell’approvazione del taglio dei parlamentari, proiettando il risultato dei collegi uninominali (ridotti di numero in proporzione al taglio complessivo).
IL RISULTATO È PIUTTOSTO INTERESSANTE
Alla Camera, la coalizione giallo-rossa avrebbe 9 seggi di vantaggi sulla coalizione di centrodestra. Anche senza contare gli 8 seggi riservati alle circoscrizioni estere, quindi, sarebbe possibile una continuazione della maggioranza che sostiene l’attuale governo Conte II. Discorso simile al Senato, dove – dopo la riduzione dei parlamentari – la ripartizione proporzionale su base regionale penalizzerebbe i partiti minori (come La Sinistra, ma anche Forza Italia o Italia Viva) ma complessivamente il risultato sarebbe lo stesso: una maggioranza del fronte centrosinistra-M5S, con un vantaggio ancora maggiore sul centrodestra (13 seggi, al netto di quelli assegnati all’estero). A proposito del taglio dei parlamentari: la sua approvazione definitiva (in attesa dell’eventuale referendum) è stata approvata alla Camera con una larghissima maggioranza, nonostante molte dichiarazioni – sia in sede parlamentare, sia a mezzo stampa o sui social – in senso critico o anche contrario.
MA QUANTO SONO CONDIVISE QUESTE POSIZIONI TRA GLI ELETTORI?
A quanto pare, molto poco: secondo un sondaggio Demopolis, l’80% degli italiani è favorevole al taglio, con punte del 95% tra gli elettori del M5S (ma pure tra chi vota PD i favorevoli sarebbero in netta maggioranza: il 66%). Ancor più "radicale" il giudizio emerso dal sondaggio Ixè: secondo quest’ultimo istituto i favorevoli alla riforma costituzionale che riduce il numero dei membri del Parlamento sarebbe addirittura pari all’88%. Ammesso che si riesca a fare domanda per un referendum confermativo, quindi, l’esito sembra essere piuttosto scontato.