Roberto Nobile è il volto, tra gli altri, di due personaggi amatissimi dal pubblico televisivo: Antonio Parmesan di Distretto di Polizia e Niccolò Zito, il giornalista di "Tele Libera" che spesso affianca il Commissario Montalbano nelle indagini, e tanto per citare qualche suo film, ricordiamo "Habemus Papa" di Nanni Moretti, "Stanno tutti bene" di Giuseppe Tornatore", "La scuola" di Daniele Luchetti e "Abbi fede", "questo film – spiega Nobile – deve ancora uscire ed è un rifacimento dell’originale danese ‘Le mele di Adamo’, l’ho amato moltissimo come spettatore, perciò sono particolarmente orgoglioso di avervi partecipato." Tanto cinema e tanta televisione, e soprattutto un amore, quello per il teatro, che non ha mai tradito. Ed anche questa stagione la trascorrerà sui palcoscenici dei più grandi teatri italiani, con la compagnia di Silvio Orlando che porterà in scena "Si nota all’imbrunire". E a questo punto, tiene a precisare: "Il teatro quasi sempre si abbina al viaggio, alle tournèe, e da giovane di certo era un grande piacere, mentre ad una certa età, bisogna darsi un po’ di coraggio per affrontare sei mesi in giro per l’Italia, una girandola di alberghi, di treni, di paesi piccoli e grandi... un tempo ci chiamavano ‘scavalcamontagné, ed è un termine che raffigura bene la nostra vita".
L’argomento è davvero intrigante, da approfondire, ma il motivo del nostro incontro è la Settimana della Lingua Italiana nel mondo, che quest’anno ha come tema "L’italiano sul palcoscenico".
Dopo aver intervistato Vincenzo De Luca, Direttore Generale della Direzione per la Promozione del Sistema Paese del Maeci, e il Professore Francesco Sabatini, ideatore di questo evento, ci sembrava doveroso ascoltare, da un "addetto ai lavori", qual è stata l’influenza del teatro sulla nostra lingua. "Non sono un linguista, perciò non posso che andare per ‘impressioni’. La mia impressione è che molto più del teatro, prima la radio e poi soprattutto la tv, hanno avuto enorme influenza sulla nostra lingua. Comunque, rimanendo in tema, abbiamo termini, ormai consueti, che sono stati mutuati dal teatro: la ‘scena’ del delitto, la ‘quarta pareté, ‘dietro le quinté; così come frasi di testi famosi passate al linguaggio comune: ‘Essere, o non esseré, ‘Adda passà a nuttata’, ‘Siamo uomini, o caporali?’".
Oltre a gesti scaramantici, c’è una parola utilizzata molto spesso in teatro e che è diventata di uso comune… "Immagino si riferisca a ‘merda’".
Esatto. C’è un significato, una storia dietro questa parola? Sì, il grande teatro europeo dell’ottocento, aveva come spettatori i nobili ed i borghesi. Venivano in teatro con le carrozze, era anche un modo di esibire lo status sociale, ed i cavalli lasciavano sulla piazza antistante il teatro i loro escrementi. Molta merda significava molti spettatori, perciò l’augurio".
Lei ha scritto diversi libri tra cui uno come omaggio ad un’altra sua grande passione, il motociclismo, voglio ricordare che dal 1969 al 1973 ha partecipato come pilota al campionato italiano juniores nelle categorie 125, 175 . L’ultima gara fu nella 500, derivate di serie, oltre a "Col cuore in moto", ha firmato anche "L’ospedale della lingua italiana": qual è stata la spinta che l’ha portata a dedicare un libro alla nostra lingua? "In genere consideriamo strano, quando non sbagliato, ciò che non corrisponde alle abitudini, ai costumi della società nella quale ci siamo formati. Quando ero giovane, nessuno avrebbe ascoltato canzoni in una lingua che non capiva, meno che mai ne avrebbe comprato i dischi; nessuno avrebbe dato un titolo in lingua straniera ad una operazione culturale o di altro tipo, per poi tradurlo in Italiano, nessun uomo di governo si sarebbe sognato di dare titoli in Inglese a leggi o atti dello stato… devolution, job’s act, election day. E non avremmo avuto il "Ticket", la "Governance", i "Navigators" ecc. Sono state queste ‘stranezzé che mi hanno spinto a scrivere il mio comico e malinconico testo".
Grazie a questo libro, presentato anche alla Dante Alighieri, ha avuto incontri con studenti delle scuole superiori: quali sono state le domande ricorrenti, le posizioni più contrastanti rispetto alla sua? "Gli studenti, per dirla in breve, ci soffrivano, perché il mio argomentare contro le loro abitudini era abbastanza inoppugnabile, ma, giustamente, non volevano rinunciare a queste abitudini, al contesto dove sono cresciuti e si sono educati. Difendevano il loro mondo, come io difendevo il mio".
Periodicamente viene lanciato l’allarme per la nostra lingua minacciata dall’uso sempre più copioso dell’inglese, come ricorda proprio nel suo libro… ma non tutti i linguisti sono d’accordo nell’affermare che proprio i termini stranieri contribuiscono all’agonia dell’italiano, alcuni pensano che sia un naturale cambiamento, l’evolversi della lingua… immagino non sia d’accordo… "Io parto da un punto di vista che non riguarda la lingua, ma ciò che la lingua significa e quanto la lingua sia importante per l’identità di una nazione. Se consideriamo l’inglese più bello, più ‘figo’ dell’Italiano, al punto da usarlo per gli atti ufficiali, mentre riserviamo la nostra lingua al parlare di tutti i giorni, non siamo messi bene."
Si dice che la nostra lingua sia la più bella, la lingua degli Angeli… le sue parole preferite? "Si che di lontano conobbi il tremolar della marina… Fin da quando l’appresi al liceo, questo verso del purgatorio di Dante mi ha commosso ed è rimasto nel mio profondo, senza mai perdere la sua freschezza e la sua meraviglia. Forse perché ho sempre avuto, quasi coltivato, la nostalgia del mare, il culto della sua bellezza."
Lei sta girando una fiction con Beppe Fiorello che andrà in onda su Rai Uno: ne può parlare anticipando un po’ la storia? "Si chiama ‘Gli orologi del diavolo’ ed è tratto dall’omonimo libro di Federico Ruffo. Tratta di una eccezionale, vera e tragica avventura occorsa ad una persona del tutto normale e che ha cambiato radicalmente la sua vita."
Per concludere… secondo lei, qual è lo stato di salute dell’italiano? "Secondo me l’Italiano sta bene; sono gli Italiani che avrebbero bisogno di una cura ricostituente".