Un miliardo e mezzo di euro, interessi compresi, in trenta mesi. La liquidità immessa dallo Stato impegnato nel tentativo di sostegno della tribolata esistenza della compagnia di bandiera. Alitalia sempre in bilico tra una sofferta sopravvivenza e la sparizione. È una delle tante aziende fallite in Italia, travolta dalla crisi economiche e affossata nei suoi sprechi da cecità e incapacità di quanti si sono avvicendati al timone. Un’esistenza scandita da decolli annunciati e mai avvenuti, da ripartenze all’insegna del miracolo e mai più viste. In arrivo un’altra proroga, in attesa che venga presentato un vero piano (non di salvataggio) ma di ripartenza della nuova Alitalia. Sarà comunque l’ultima, ed è pure condizionata. "Un piano, quale che sia, con o senza la statunitense Delta, entro il 21 novembre".
Siamo quindi all’aut-aut? Ebbene sì, non è possibile fare diversamente.
Al Governo è stata presentata, fresca fresca, la richiesta di un prestito ponte. Trecentocinquanta milioni la somma inserita nel decreto fiscale. In attesa che maturi l’evento pubblicizzato con squilli di tromba dall’allora vice premier e ministro Luigi De Maio, autentico imbonitore dell’ottimismo più spinto in messo a drammi italiani e tragedie italiane senza fine, avanti con l’ennesimo prestito- ponte. Nelle casse di Alitalia ci sono pochi euro, insufficienti per arrivare almeno a dicembre. Di fatto, si allungano al 21 novembre i tempi per la presentazione di offerte vincolanti per Alitalia. Nuovo di zecca, il ministro Stefano Patuanelli ha autorizzato una ulteriore proroga, la settima, per la soluzione del giallo che, da trenta mesi, rischia di spezzare il cuore dei dipendenti. I vari governi che si sono alternati hanno sbandierato, a turno, salvataggi impossibili. Dicono dal ministero: "La proroga sarà subordinata a determinate condizioni. Vi sarà l’intervento diretto dei commissari, con il conseguente immediato confronto con gli offerenti". È prevista una richiesta di aggiornamento quotidiano sullo stato avanzato dei lavori. A questo punto, è palese che alla scadenza finale non si arriverà soltanto con i nomi dei tre partner disposti a investire un miliardo di euro. Ferrovie dello Stato, Atlantia e Delta sarebbero pronti. Pronti a cosa? Ad avviare un negoziato (facile prevedere che sarà tormentato) su nuove rotte e ricavi.
Il ministro Patuanelli pretenderà sul tavolo un progetto solido a credibile. Entro e non oltre il 21 novembre. Stupisce la fretta del ministro. E la necessità stessa di fare presto dopo due anni e mezzo di gestione commissariale di Alitalia e un miliardo di interessi letteralmente bruciati per tenere in piedi una compagna ormai prossima alla celebrazione del proprio funerale. L’Alitalia alla canna del gas. Il piatto piange, in cassa sono forse rimasti 250 milioni di euro più i 350 del nuovo prestito-ponte. Soldi che finiranno inghiottiti da stipendi e spese per il mantenimento della flotta nel periodo autunno-inverno. Il peggiore dal punto di vista dei ricavi. Fs, Atlantia, Delta. Ma su Lufthansa, non si era detto, bla-bla-bla? La concessione del prestito-ponte governativo va ad intrecciarsi con un delicato consiglio d’amministrazione della compagnia di bandiera tedesca. In Lufthansa, all’interno del board, è il momento della contrapposizione delle idee. Management e sindacato dei dipendenti sono in un momento di palese, evidente, sintomatico scontro di idee. Propongono alcuni consiglieri del CdA Lufthansa: mettiamo sul piatto un’offerta di tipo misto, commerciale e in denaro, allo scopo di allungare la rete di collegamenti nel Mediterraneo, utilizzando la linea aerea italiana.
Sarebbero invece contrari a una partecipazione in Alitalia, causando così la messa a rischio di politici italiani, alcuni dirigenti e i dipendenti. Lufthansa potrebbe annunciare la risposta definitiva per l’ingresso in Alitalia, quando verranno comunicati i conti dei nove mesi Lufthansa. L’argomento "ingresso in Alitalia" è ancora compreso nell’ordine del giorno della riunione del Cda in programma lunedì. Alla scelta del partner industriale tra Delta e Lufthansa manca mese di un mese. Laddove è da luglio che le parti, d’intesa col Governo, cercano di abbozzare un piano di salvataggio e di rilancio della compagnia. Occorre rimettere insieme i cocci del consorzio originario. Cento giorni sono trascorsi da quando Ferrovie dello Stato, Atlantia e Delta hanno principiato a discutere del progetto di durata triennale. Il piano che avrebbe dovuto salvare i posti di lavoro e mettere in piedi poderosamente in moto la nuova società entro gennaio. I punti in sospeso non sono pochi. Questioni delicate molte, e tutte in sospeso. Eccole elencate: chi pagherà il conto dei prestiti-ponte, un miliardo e mezzo di euro interessi compresi? E come contenere la rabbia dei 2500 impiegati, piloti e operai da sacrificare per arrivare all’alleggerimento della compagnia? Il problema dell’offerta Delta, poi: gli americani vogliono limitare il loro ingresso, la loro partecipazione, a non più di 100 milioni, al massimo 150, quale sarà la risposta dei compagni di cordata? Siamo in presenza di una incredibile partita a poker. Una mano ad alto rischio, dove tutti rischiano di perdere l’investimento. Anche i contribuenti, certo.