Una nanoparticella biodegradabile contenente il glutine sembra in grado di fermare la celiachia. Iniettata ai pazienti, ha permesso loro di mangiare glutine per 2 settimane senza risentirne. È il risultato ottenuto in una sperimentazione clinica di fase II condotta presso la Northwestern Medicine che sarà resa nota in occasione della conferenza "European Gastroenterology Week" in corso a Barcellona. Attraverso il ‘nanodispositivo’ il paziente impara a riconoscere il glutine come una sostanza innocua e in questo modo evita reazioni autoimmuni.
La celiachia è una malattia autoimmune, in cui, cioè, il sistema immunitario riconosce come nemico la principale componente proteica del grano, il glutine, e produce una reazione autoimmune che danneggia le pareti intestinali. Ad oggi chi soffre di celiachia può tenere a bada la malattia solamente evitando di ingerire cibi contenenti glutine. Ma gli esperti Usa hanno usato la nanoparticella come un cavallo di troia per insegnare al sistema immunitario dei pazienti a non reagire al glutine. In altri termini la nanoparticella induce nel paziente ‘tolleranza immunologica’ nei confronti del glutine.
La nanoparticella contenente glutine, infatti, iniettata nel sangue viene subito captata da cellule immunitarie (i macrofagi) che letteralmente ingoiano il suo ‘cargo’. E avvertono altre cellule immunitarie della sua innocuità, cosicché si prevengono reazioni avverse al glutine. Lo studio clinico ha fin qui dato risultati positivi: i pazienti trattati hanno consumato glutine per 14 giorni senza risentirne. Il trattamento praticamente elimina ogni reazione infiammatoria a carico delle pareti intestinali cui i pazienti celiaci vanno inesorabilmente incontro quando consumano glutine. Il nanodispositivo è stato già posto al vaglio della FDA statunitense e sarà ora testato anche per altre malattie autoimmuni e per allergie alimentari come quella alle arachidi.