Pezzettini molto piccoli e molto primitivi di cervello umano, prodotti in laboratorio partendo da cellule staminali. Sono gli organoidi. Il loro studio potrebbe consentire agli scienziati di capire i meccanismi di sviluppo di malattie psichiatriche come la schizofrenia o il disturbo bipolare o di malattie, come l’autismo, che nascono durante lo sviluppo in utero del cervello. Il metodo per crearli è stato messo a punto qualche mese fa da un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard, guidato dalla biologa italiana Paola Arlotta. È stata lei a tenere la prima delle tre lectures con cui si è aperto a Roma all’Accademia dei Lincei il "Montalcini Day 2019" organizzato dall’EBRI per ricordare la sua fondatrice Rita Levi-Montalcini.
Lo studio degli organoidi – ha spiegato ad Askanews la scienziata italiana – potrebbe aiutare la comprensione di diverse malattie e aprire la strada a nuove terapie."Il nostro cervello per molti aspetti è unico, ci sono molte cose che abbiamo capito studiando il cervello di altre specie, di animali di laboratorio, però ci sono cose molto uniche del nostro cervello che non abbiamo mai potuto studiare. Lo studiamo – aggiunge – anche perché ci sono delle malattie, come le malattie psichiatriche o quelle dello sviluppo del cervello come l’autismo che a livello fondamentale non capiamo. Non capiamo quali cellule sono coinvolte, quali circuiti del cervello sono coinvolti. Quindi dobbiamo studiarle in un contesto di tessuto umano, del cervello umano".
"Se pensiamo – prosegue la professoressa Arlotta (Department of Stem Cell and Regenerative Biology dell’Università di Harvard) – a malattie come l’autismo che nascono durante lo sviluppo del cervello in utero, come facciamo a studiare questo processo che non riusciremo mai a guardare veramente in utero? Non abbiamo mai potuto farlo, però adesso ci sono dei metodi che ci permettono di farlo, in maniera molto primitiva, in coltura". Si tratta di ‘organoidi del cervello umano’. "Pezzettini di tessuto molto piccoli, 5 millimetri di diametro, che vengono prodotti da cellule staminali. Partendo da una cellula della pelle o del sangue di uno qualsiasi di noi, si possono creare delle cellule staminali che poi possono diventare dei piccoli pezzettini di cervello. Questi pezzettini – precisa Arlotta – non sono esattamente come il nostro cervello, sono molto piccoli e molto primitivi, ma hanno caratteristiche molto simili a quelle del nostro cervello e quindi ci permettono di studiare degli aspetti di formazione, di sviluppo del cervello che non avevamo mai potuto studiare".
"Noi ora sappiamo che alcune malattie, e aggiungo tra queste la schizofrenia, il ‘bipolar disorder’, hanno delle componenti genetiche molto complesse. Sono malattie dove tante zone del genoma umano contribuiscono allo sviluppo di queste malattie. E quindi adesso partendo da cellule staminali umane, per esempio da cellule di pazienti che hanno queste malattie, è possibile creare cellule staminali che poi diventeranno repliche molto primitive del cervello umano. E questo ci consentirà, si spera, di identificare le cellule coinvolte, di trovare i geni che vengono alterati da questi stati genetici molto complessi. La speranza – conclude – è che un giorno riusciremo a capire come nascono queste malattie, come continuano nel tempo, per riuscire a intervenire da un punto di vista terapeutico".