Finalmente una buona notizia! Ho partecipato nella primavera passata assieme a tante migliaia di firmatari alle iniziative per la difesa della storia. Circolò allora un manifesto che recava tra i primi firmatari il nome di Andrea Camilleri e fu forse questa l’ultima battaglia civile che egli intraprese prima della morte. Si trattava di mobilitare l’opinione pubblica contro un maldestro tentativo dell’allora governo giallo-verde di cancellare la conoscenza del passato e il suo approfondimento critico. Il manifesto riaffermava con forza il ruolo civile e pedagogico della storia considerata non solo come mera conoscenza di date ed eventi, ma come un "bene comune", la cui conoscenza si presenta come "un principio di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini".
Si trattava di arginare un volgare senso comune sempre più ostile verso il valore etico e pedagogico della storia e basato da una ipertrofia di una comunicazione giornalistica (naturalmente di una parte di essa) e televisiva che preferisce il clamore della notizia e della tecnica mordi e fuggi e che mette nell’angolo il valore pedagogico e simbolico degli eventi storici. Siamo dinanzi a un preciso disegno che tende a privilegiare e anzi ad arricchire una forma di comunicazione che rifugge da ogni esame critico e da ogni controllo di veridicità della fonte, con il virale diffondersi di false notizie e di altrettanto false rievocazioni dei fatti storici. Al posto della storia si fa strada la notizia costruita ed illustrata da pseudo-esperti che invade, grazie ai social, la vita di milioni di persone e che li convince sulla nocività dei vaccini o sull’equiparazione tra partigiani (non solo italiani ma di tutti i paesi europei occupati dagli eserciti di Mussolini e Hitler) e comunisti.
Ma quell’appello non si limitava alla pur necessaria critica di carattere etico e politico, esso chiedeva con forza il ritiro del provvedimento dell’abolizione della prova di storia nell’esame di maturità e faceva altresì riferimento alla diminuzione sempre più evidente delle cattedre universitarie di discipline storiche, favorita dal blocco del reclutamento di giovani ricercatori. Ma veniamo alla buona notizia di cui parlavo all’inizio. La traccia storica, secondo quanto dichiarato in un’intervista del ministro Fioramonti a Simonetta Fiori su "Repubblica", sarà ripristinata. "Non potevo ignorare – ha affermato il ministro – il Manifesto firmato (da 50.000 lettori e da oltre 1500 adesioni di grandi personalità del mondo dell’Università e della cultura) da una parte rilevante della società italiana".
Non so se il ministro terrà fede all’impegno che non riguarda solo la prova di storia alla maturità, ma anche un invito a praticare un insegnamento della disciplina che guardi non alla sequela di date e di battaglie ma "il racconto di un’evoluzione umana in ambiti che ancora ci riguardano come il progresso sociale, la conquista dei diritti civili, la partecipazione democratica". Ma il ministro ha esposto un ambizioso programma di rivalutazione della storia che va al di là del problema pur importante del tema agli esami. Si tratta della ricollocazione della storia in un disegno complessivo che prepari una riforma dei cicli didattici e uno spazio privilegiato alla storia contemporanea che, nell’ultimo anno, come sostengono molti contemporaneisti dovrebbe iniziare dal primo dopoguerra. Chapeau signor ministro. Resteremo vigili per verificare come e quando le sue buone e condivisibili proposte diventeranno realtà.
GIUSEPPE CACCIATORE