E’ già in testa alle classifiche prima dell’uscita prevista per oggi, giovedì. Le prenotazioni del nuovo libro di Elena Ferrante "La vita bugiarda degli adulti" ( casa editrice e/o, pagine 336, euro 19) hanno fatto impazzire le vendite on line. E le libreria, per non venire meno, hanno inventato la "Ferrante Fever" , aspettando la mezzanotte per vendere l’attesa opera. E’ accaduto stanotte al Circolo dei Lettori di Torino, alla Feltrinelli di Largo Argentina a Roma, alla libreria romana Altroquando, alla Feltrinelli di Piazza dei Martiri a Napoli e in tante altre città italiane.
Qualche giornalista fortunato è persino riuscito a leggere le bozze e a fare la prima recensione al libro giunto nelle redazioni in versione digitale protetta da una password. Di certo ne La vita bugiarda degli adulti non ci sono Lila e Lenù, perché non si tratta di un seguito dell’Amica geniale. Anche qui prevale uno sguardo femminile, quello della protagonista, Giovanna, nata il 3 giugno 1979, che narra in prima persona la sua storia a partire dal rapporto con i genitori, due insegnanti di diversa estrazione sociale: la madre proviene dai quartieri alti, il padre si è affrancato con lo studio dalla Napoli popolare, ha un passato oscuro, una sorella che fa la serva e che cerca di cancellare dalla sua vita. Si ritrovano l’educazione sentimentale e l’avvicinarsi al mondo adulto attraverso l’amicizia, l’amore, il tradimento, l’inganno, la percezione di sé e della propria immagine.
Ma il libro è ancora un omaggio alla Napoli del Rione Alto e del Vomero che a un certo punto si mescola con quella popolare (e inesistente, nella realtà, ma nasconde Poggioreale) del Pascone. La notte di attesa e di vendita è frutto di una ottima campagna di marketing che è cominciata a settembre con l’uscita dell’incipit, poi del titolo, poi della copertina dove compaiono due mani protese ad afferrare qualcosa. La storia si concentra nell’adolescenza di Giovanna, detta Giannina, dai dodici ai sedici anni quando i genitori si separano. Giovanna scoprirà che la vicenda coinvolge un’altra famiglia, quella dei loro migliori amici e delle loro figlie che lei considera come sorelle. Proprio da questa circostanza discende il titolo "La vita bugiarda degli adulti".
Un mondo che si rompe apre le porte ad altre esperienze come l’amore ideale, che sembra impossibile, le discussioni sui grandi temi e l’iniziazione sessuale, tappa necessaria per diventare grandi, insieme alle delusioni e alle aspettative tradite. Il libro presenta poi altre figure femminili forti: le amiche del cuore Angela e Ida, e soprattutto Vittoria, la zia bandita dai ricordi, cancellata dalle foto. Il finale lascia la porta aperta ad un proseguo letterario: "Il giorno seguente partii per Venezia insieme a Ida. In treno ci ripromettemmo di diventare adulte come a nessuna era mai successo". Ben diverso è invece l’incipit del libro: "Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto — gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole — è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione".
Elena Ferrante, fenomeno editoriale ormai internazionale, nasconde un autore, o degli autori, che non si sono mai svelati né sono stati rivelati oltre ogni ragionevole dubbio. Molte le ipotesi. A partire dal fatto che di Elena Ferrante ce ne possano essere più d’una: la mano che scrisse L’amore molesto, il primo libro uscito nel 1992 per la casa editrice e/o di Sandro Ferri e Sandra Ozzola, potrebbe non essere la stessa dei romanzi successivi oppure potremmo trovarci davanti a un autore collettivo, cioè un duo o una squadra di autori. Così sostiene l’autrice sconosciuta e misteriosa, che si cela dietro uno pseudonimo: "Credo che i libri non abbiano alcun bisogno degli autori, una volta che siano stati scritti. Se hanno qualcosa da raccontare, troveranno presto o tardi lettori; se no, no. I miracoli veri sono quelli che nessuno saprà mai chi li ha fatti. Ho semplicemente deciso, una volta per tutte di sbarazzarmi dell’ansia di notorietà e della smania di entrare nella cerchia di chi ha successo". Diventare famoso in tutto il mondo e tuttavia rinunciare a esserlo con il proprio nome: in questo sta il paradosso del "caso" Elena Ferrante".
Gli esperti internazionali hanno applicato i loro metodi a un corpus di 150 romanzi di 40 autori italiani contemporanei, raccolto dalla statistica Arjuna Tuzzi, promotrice dell’iniziativa, e dal linguista Michele Cortelazzo, entrambi dell’università di Padova, che proprio in queste settimane stanno completando un libro con i risultati di una ricerca sulla collocazione di Elena Ferrante nel panorama della narrativa italiana contemporanea. I risultati scientifici evidenziano che la scrittura di Elena Ferrante è più vicina a quella degli autori con i quali è stata comparata, che a quella delle autrici. La Ferrante ha analogie sorprendenti con Domenico Starnone e solo con lui.
Nessuno degli altri scrittori presi in considerazione, neppure tra quelli campani (come Francesco Piccolo, Erri De Luca, Fabrizia Ramondino, Michele Prisco), mostra sensibili convergenze con Elena Ferrante. Interessante, anche sul piano cronologico, il rapporto tra il profilo lessicale di Starnone e quello di Elena Ferrante, che inizia a pubblicare le sue opere nel 1992. La forte similarità lessicale tra i due autori si concretizza anche nel fatto che emerge un buon numero di parole o espressioni fortemente caratterizzanti che Ferrante e Starnone hanno in comune come malodore, risatella, ruscellare (come sostantivo), bambineggiare, bamboleggiare, calettatura, giravite, camera da pranzo, collo filettato, foglio di compensato, mattonelle sconnesse, sguardo valutativo, tottò sulle manine. Secondo molti fonti Elena Ferrante sarebbe il prodotto di Starnone e di sua moglie, Anita Raja, traduttrice napoletana, figlia di una ebrea polacca sfuggita all’olocausto. A portare a questi risultati sono gli introiti della Ferrante e i soldi servati dalla casa editrice diretta da Sandro Ferri alla stessa Raja aumentati del 150 per cento negli ultimi tempi. Una bella scoperta che toglie un po’ mistero ad un autrice di cui non esiste neppure una fotografia. L’amore molesto è diventato un film per la regia di Mario Martone, stessa sorte per il secondo romanzo, I giorni dell’abbandono (2002) per mano di Roberto Faenza.
Seguono nel 2003 La frantumaglia , saggio sull’esperienza di scrittrice, e nel 2006 il romanzo La figlia oscura. Ma è a partire dal 2011 che inizia la tetralogia de L’amica geniale, che consacra la Ferrante in Italia e all’estero. Il quarto libro del ciclo de L’amica geniale è stato selezionato per il Man Booker International Prize 2016: The Story of the Lost Child («Storia della bambina perduta») è uno dei 13 finalisti della longlist. E nel mondo è Ferrante fever: bestseller negli Usa (tradotta da Ann Goldstein), piace a Philip Roth e a James Franco.
I quattro romanzi di Elena e Lila, l’una scrittrice l’altra ex moglie di un camorrista poi donna d’affari, sono editi da e/o: L’amica geniale (2011), e poi Storia del nuovo cognome (2012), Storia di chi fugge e di chi resta (2013) e Storia della bambina perduta (2014). Dall’Amica geniale è stata tratta la serie tv italo-statunitense creata e diretta da Saverio Costanzo, prodotta da Wildside e Fandango con Umedia per Rai Fiction, Hbo e Timvision, protagoniste Elisa Del Genio, Ludovica Nasti, Gaia Girace e Margherita Mazzucco, voce narrante Alba Rohrwacher.
di MARCO FERRARI