Padre e figlio. Neonazisti con l’arsenale in casa. Trovati esplosivi e armi. La follia mascherata, nascosta, dalla fissazione del collezionismo. Padre, figlio, e un gruppo. Il capo era un insospettabile impiegato del Montepaschi Siena.
Due arresti e dodici perquisizioni nella città del Palio. Andrea Chesi, sessant’anni, il pericoloso nostalgico sovversivo. Yuri Chesi il figlio, 22 anni. Arrestati entrambi: nella loro casa è stato trovato appunto un arsenale di decine di armi. "Attacchiamo la moschea", il grido di battaglia del gruppo, l’obiettivo prossimo. Assurda e insieme folle l’idea complessiva. Pericolosa la maniera di pensare. Cercavano di causare il sangue. "Se devo tirare un colpo di pistola non mi faccio problemi. La destra estrema è una filosofia di vita…". E ancora, a riprova dell’unità d’intenti del gruppo di pazzi reazionari, destrorsi dalla destra all’unghia dei piedi, neonazisti.
"Bisogna cominciare davvero a fare quadrato… una guardia repubblicana…bisogna farsi giustizia da soli arma alla mano, senza chiamare le forze dell’ordine…". La chicca finale a chiarire lo scopo e l’indirizzo. "Giustizia sommaria…". Sequestrati al gruppo di estremisti di destra del Senese le armi e i simboli neofascisti. Trovati non solo pistole e fucili, anche tirapugni, mazze di legno, ordigni bellici ed esplosivi. Chesi junior andava in giro con mitraglietta su un sidecar militare. Il papà Andrea, senese di Sovicille, impiegato del Monte Paschi, arrestato dalla Digos insieme col figlio. La moglie è indagata.
L’inchiesta della Dda di Firenze ha portato a dodici perquisizioni per altrettanti estremisti neri. Un gruppo di cani sciolti, come si definivano loro stessi, accumunati dal culto per il neofascismo, la passione per le armi, e da farneticanti propositi eversivi. Compreso l’attacco alla moschea di Colle Val d’Elsa, Siena. "Lui aveva già portato le mappe, gli si voleva far saltare il coso del gas, così saltava tutto", confidava Chesi padre a un amico, precisando di aver desistito per paura di essere scoperto. C’è questo e tanto altro nelle intercettazioni che la Digos ha effettuato per mesi. Padre e figlio arrestati in flagranza.
L’accusa è detenzione abusiva di armi o esplosivi, aggravata dalla finalità terroristica. Pistole e fucili regolarmente detenuti trovati a casa degli altri potenziali eversori, camerati sotto inchiesta. Sequestrate in tutto un centinaio di armi e un migliaio di munizioni, elmetti, divise tedesche e italiane dell’ultima guerra, tirapugni e mazze di legno. Su computer e cellulari portati via dagli appartamenti perquisiti, ora sono in corso accertamenti. Come pure garage e capannoni in uso agli indagati: si sospettano collegamenti con formazioni organizzate dell’estrema destra. Ma finora non ci sono riscontri. Le indagini sono partite da una segnalazione sul controllo del contenuto di profili sociali facebook, Istagram, e su un sito russo di Chesi, inondati da cimeli del Terzo Reich, e foto di Chesi jr in luoghi simbolo del nazifascismo. Predappio e la casa di Benito Mussolini.
Hanno coordinato le indagini i pm Leopoldo De Gregorio e Eligio Paolini. Le intercettazioni hanno svelato il ruolo di leader dell’impiegato bancario, il coinvolgimento di moglie e figlio e di altri estremisti. Compresi due colleghi impiegati di banca. Una struttura bene organizzata "qualificata e pronta per ogni evenienza". Una milizia armata –si legge nel decreto- che nei piani avrebbe dovuto realizzare attacchi. Il primo contro la Moschea di Colle Val d’Elsa e in generale contro i migranti responsabili di reati. Le cimici hanno registrato anche pesanti offese al Presidente della Repubblica e a Papa Francesco, per le posizioni che il Capo dello Stato e il Pontefici sostengono in tema di immigrazioni.
Le intercettazioni hanno registrato inoltre conversazioni a ruota libera sulla situazione politica. "Siamo molto più in là di Casa Pound e Forza Nuova", tuonava uno dei camerati. Parole squallide, idee folli. "I nostri nipoti dovranno essere impegnati in una guerra contro l’Islam". La Digos è stata sollecitata ad intervenire dal tenore delle conversazioni e dal possesso di armi da parte di tutti gli indagati. Parole forti e folli, progetti assurdi e insensati, idee anacronistiche, mosse e alimentate da un deprecabile spirito di appartenenza. Da qui l’intervento della Digos, assolutamente necessario, a capo di una raffica di perquisizioni, tutte eseguite in provincia di Siena. Sconvolti, non solo preoccupati, i responsabili del centro islamico di Colle Val d’Elsa. "Fino a quando ci saranno queste idee, musulmani e immigrati ci sentiamo in pericolo". A Sovicille nessuno si è stupito. "È da vent’anni che abbiamo paura. Le loro idee erano conosciute". Quelle dei Chesi, il padre in divisa nazista, il figlio col cannone, e in casa anche il tritolo. "Noi pronti all’azione, ritorneremo".
Franco Esposito